di Fabio Picciolini
La normativa sul trattamento fiscale delle criptovalute in Italia può farsi risalire alla risoluzione 72/2016 dell’Agenzia delle Entrate che, nel rispetto della sentenza della Corte di Giustizia Europea nella causa C264/4 del 22 ottobre 2015, fece rientrare l’attività di intermediazione di valute tradizionali con quelle virtuali svolte in modo professionale ed abituale nell’ambito applicativo IVA con rilevanza reddituale anche ai fini Ires e IRAP.
Successivamente, l’Agenzia delle Entrate rispondendo all’interpello 788/2021, ai fini fiscali, ha assimilato le valute virtuali alle valute tradizionali, stabilendo che, per le operazioni in criptovalute detenute da persone fisiche e da enti non commerciali le cessioni a termine di valute virtuali dovessero essere rilevate fiscalmente, con la sola esclusione delle cessioni a pronti per le quale si produrrebbe una plusvalenza tassabile solo in caso di wallet con giacenza media superiore a un controvalore di 51.645,69 euro per almeno 7 giorni lavorativi continuativi nel periodo di imposta.
L’imposta sostitutiva applicabile alle plusvalenze, come per le valute estere, è del 26% con la possibilità di portare eventuali minusvalenze in compensazione nell’esercizio di riferimento delle imposte e nei quattro esercizi successivi.
La risposta all’interpello, confermata con uno successivo, 397/2022, proseguiva estendendo alle criptovalute la disciplina del monitoraggio fiscale già prevista per le attività finanziarie estere detenute in Italia non da intermediari residenti; è stata, comunque escluso il pagamento dell’Ivafe, previsto a carico delle persone fisiche residenti in Italia che detengono all’estero prodotti finanziari, conti correnti e libretti di risparmio.
Il dubbio espresso da molti sull’interpretazione dell’Agenzia è stato quello di paragonare le criptovalute alle valute estere in quanto sono, sostanzialmente, aterritoriali, vivendo solo in rete; peraltro, se si volesse riconoscere una loro territorialità bisognerebbe riferirla, esclusivamente, alla normativa del territorio in cui sono “trattate”.
La fiscalità delle crypto-attività è stata ripresa nella Legge di Bilancio 2023 (197/2022).
La definizione di crypto-attività adottata è diversa da quello del Regolamento Europeo MICA, di prossima emanazione, comprendendo altre tipologie di crypto-attività quali staking (portafoglio), yield firming (guadagno attraverso smart contract ottenendo delle commissioni) savings (prelievi periodici attraverso cui si acquistino cryptoattività), NFT e tutte le altre che andranno segnalate tra i redditi diversi e non tra le rendite di capitale quindi senza la tassazione all’aliquota marginale come sino ad oggi ha previsto l’Agenzia delle Entrate.
La nuova disciplina dovrà rispettare le norma previste dal AML Package; inoltre, dovrà essere effettuata una comunicazione Banca d’Italia per le tecnologie decentralizzate (Decentralized Finance – DE.FI) nella finanza e nelle criptovalute e per gli standard europei, in via di revisione, Common Reporting Standard (CRS) e Crypto Asset Reporting Framework CARF).
La Legge prevede la possibilità di optare, nel caso di crypto-attività possedute tramite un intermediario italiano, per il regime del risparmio amministrato o gestito.
Per la determinazione l’imposta dovranno essere comunicati all’AdE, il luogo della pertinenza, la documentazione e la dichiarazione sostitutiva che attesti i dati.
Le cripto-attività saranno considerati essere asset produttivi di redditi diversi; possibilità concretizzata con l’aggiornamento dell’art. 67 del testo unico delle imposte dei redditi (TUIR) previsto dalla L. 197/2022 dove viene precisato che le plusvalenze e gli altri proventi realizzati mediante rimborso, cessione a titolo oneroso, permuta, esclusi quelli tra attività aventi medesime caratteristiche e funzioni, sono sottoposti a imposta sostitutiva purché non inferiori complessivamente a 2.000 euro; inoltre è stato previsto che le plusvalenze saranno costituite dalla differenza tra il corrispettivo percepito ovvero il valore normale delle cripto attività permutate al costo o al valore di acquisto.
Non darà luogo a fiscalità la compravendita tra criptovalute per cui la plusvalenza si avrebbe, solamente, nella passaggio da criptovaluta a valuta a corso legale.
Il riconoscimento dell’imposta sostitutiva, previsto esplicitamente, su opzione, avverrà rispetto alle plusvalenze da cripto-attività purché detenute in custodia, amministrazione, deposito presso soggetti qualificati individuati dal legislatore che dovranno curare l’applicazione dell’aliquota del 26% sulle singole operazioni in veste di sostituto d’imposta, secondo le modalità fissate dall’AdE; gli intermediari non potranno, però, ricevere la dichiarazione sostitutiva che attesti i dati necessari per la determinazione dell’imposta.
In caso di opzione per l’imposta sostitutiva rispetto a una pluralità di titoli, quote, certificati, rapporti, le cripto-attività appartenenti a categorie omogenee sarà preso a riferimento, come costo o valore di acquisto, il costo o il valore medio ponderato relativo a ciascuna categoria.
Inoltre, il trasferimento dei titoli, delle quote, dei certificati e dei rapporti, o cripto attività a rapporti di custodia e amministrazione intestati a soggetti diversi dagli intestatari del rapporto originario, salvo che il trasferimento non sia avvenuto per successione o donazione, sarà considerato come una cessione a titolo oneroso per cui avrà rilevanza fiscale anche il trasferimento a soggetti terzi per la semplice custodia degli asset in cripto-attività.
Uguale scelta riguarda il conferimento di titoli, quote, certificati, rapporti cripto attività in una gestione se sia stata esercitata l’opzione disciplinata del D.Lgs. 471/1997 con conseguente applicazione al risultato di gestione dell’aliquota pari al 26% nonché delle stesse regole previste in tema di risparmio amministrato
La legge precisa che le cripto attività non concorrono alla formazione del reddito dei componenti positivi e negativi che risultano dalla loro valutazione alla data di chiusura del periodo a prescindere dall’ubicazione al conto è che non economico.
Con l’avvio della nuova disciplina fiscale è stata prevista una sanatoria sulle criptovalute già possedute in base alla quale ogni attività posseduta il 1° gennaio 2023 potrà essere valutata, invece che al costo o al valore di acquisto, al valore a tale data a condizione che quanto posseduto sia assoggettato a imposta sostitutiva del 14% da corrispondere anche in tre rate annuali di pari di cui la prima entro il 30 giugno 2023 e le due successive con un interesse del 3% per ogni anno di detenzione.
Prevista, senza alcuna copertura penale, una voluntary disclosure per le criptovalute detenute fino a 31 dicembre 202: presentando una dichiarazione, che dovrà essere approvata dall’Agenzia delle Entrate, sarà possibile far emergere le cripto-attività non dichiarate con il pagamento di una sanzione: se nel periodo di riferimento non sono stati ottenuti redditi sarà possibile regolarizzare l’operazione attraverso la presentazione della menzionata dichiarazione e una penale dello 0,50% annuo sul valore dell’attività non dichiarate; in presenza di redditi la sanzione sarà del 3,50% oltre lo 0,50% annuo.
Introdotto, infine, l’obbligo del bollo del 2 per mille, come previsto per banche e poste, per l’apertura di ogni operazione. Un obbligo che, però, non si comprende come possa essere rispettato.