di Maurizio Pimpinella
Anni fa, passare del tempo su Second life o in altri giochi di ruolo, magari a sfondo fantasy, era considerata come una sorta di evasione dalla quotidianità che si sovrapponeva alla vita reale. Oggi, quello che molte imprese stanno sperimentando, da Facebook ad Alibaba e non solo, è la realizzazione di una versione di questo mondo più completa e appagante: una vera e propria vita reale che si svolge però in un contesto virtuale. Il progetto di Meta potrebbe rappresentare il terreno fertile in cui innestare un nuovo seme di Libra/Diem ma, al momento, è nell’industria del gaming che i progetti di metaverso, anche grazie al grado di immersività e coinvolgimento che generano negli utenti, sono più pronti.
Ciò ha condotto alcuni, tra cui l’ex analista dell’NSA Edward Snowden, a manifestare dubbi riguardo al ricorso agli NFT (non fungible token) in tale settore da parte degli sviluppatori, i quali potrebbero così “capitalizzare le vite virtuali degli utenti”, come affermato dallo stesso Snowden. Non solo, Snowden ha addirittura rilanciato riservando parole poco lusinghiere nei confronti del metaverso, definendolo “orribile, atroce e tragico”, e considerando gli stessi NFT sostanzialmente come beni speculativi privi di valore. Dichiarazioni in netta controtendenza con l’andamento del mercato che, invece, proprio in questi mesi registra la forte crescita di questo genere di token. I dati dell’exchange Kraken, ad esempio, indicano un aumento del 42% nel mese di novembre 2021 del valore delle valute legate ai token non fungibili, trainati proprio dall’universo virtuale. Marchi di moda, Nike, D&G e Gucci, artisti e società sportive come PSG e Bayern e le federazioni sportive quali NFL e NBA stanno già investendo copiosamente in questo nuovo comparto economico riscontrando una risposta più che soddisfacente, al punto tale che Morgan Stanley stima che entro il 2030 il valore degli NFT potrebbe aggirarsi attorno ai 300 miliardi di dollari. Il rapporto tra metaverso e NFT non potrebbe essere più stretto in quanto questo rappresenta un’esperienza che sfrutta la tecnologia blockchain e i token non fungibili (NFT) per pagare e possedere oggetti digitali.
Il dibattito a riguardo è aperto e varia dalle posizioni polarizzate (favorevoli o contrarie al fenomeno) a chi, pragmaticamente, è portato a fare dei distinguo anche in base al tasso di adozione di tali beni. Un po’ come il mondo cripto, anche quello degli NFT (legato alle stesse cripto), non può prescindere da una più precisa, omogenea e coerente regolamentazione, ciò che, invece, il più delle volte non avviene dal momento che il supporto legislativo è sempre attardato nei confronti delle innovazioni. Sotto questo profilo, nel corso del 2020, l’Unione europea ha emesso una proposta di regolamento (Markets in crypto-assets, o Mi.Ca, che verrà formalmente adottata entro il 2024). Un quadro giuridico preciso, però, è al più presto necessario anche perché va compreso che il mercato degli NFT, a prescindere dal Metaverso, non è destinato a scomparire, anzi. Gli NFT sono una forma di cartolarizzazione facilmente negoziabile che può essere applicata a qualsiasi oggetto digitale o fisico e che, ad esempio, si può fare ricorso per contrastare la contraffazione. In questi termini, pertanto, almeno il loro ambito di applicazione, appare molto diverso da quello finora visto e molto diverso da quello di “semplice” asset speculativo, una componente che comunque in una certa forma rimane.
Ciò che va chiarito, quindi, è che, nella loro forma disruptive, gli NFT da prodotto anti-establishment diventeranno presto di massa, seguendo un percorso che sta già riguardano le criptovalute, e come tali avranno necessità di norme e garanzie tali da essere fruibili in sicurezza da un vasto pubblico. Meglio attrezzarsi in tempo onde evitare, come al solito, di chiudere la stalla solo dopo che i buoi sono scappati.