di Riccardo Porta
I dati del ritardo italiano sono noti: in Italia circa 13 milioni di adulti possiede un livello di istruzione basso (equivalente alla terza media); e più di un adulto su due (la stima oscilla tra il 53-59% dei 25-64enni) è “potenzialmente bisognoso di riqualificazione” per via di competenze “obsolete”. È un dato pazzesco se ci pensiamo.
Eppure, la quota di adulti che partecipa ad attività di istruzione e di formazione è tra le più basse a livello internazionale: ci si attesta a un modestissimo 24% contro il 52% della media Ocse (indagini Piaac).
Non solo: abbiamo anche oltre 3 milioni di giovani (il 25%) tra i 15 e 34 anni che non sono occupati, né impegnati in percorsi di istruzione; è la quota più elevata tra i paesi dell’Unione europea.
Aggiungiamoci la troppa Dad sugli studenti: da stime recenti sulle scuole superiori, sono i genitori più istruiti (rispetto agli altri) ad aver aumentato il supporto fornito ai figli. Si tratta di disparità che potrebbero influire non solo sulle competenze ma anche sulle opportunità future dei nostri giovani, allargando i divari già esistenti.
Abbiamo una dote di 30 miliardi di euro previsti nel Pnrr al capitolo Education: li spenderemo bene?