Il cashback anche tra privati non produce reddito imponibile in capo al percipiente. Questo è quanto emerge dalla risposta all’interpello n.338 dell’Agenzia delle Entrate che analizza un caso di cashback privato e che arriva alla conclusione che si tratta di restituzione all’acquirente di una parte della spesa effettuata per acquisti di beni precedenti, non rilevando la circostanza che il denaro sia erogato successivamente e da un soggetto diverso dal fornitore del bene/servizio.
Nello specifico, l’operazione coinvolge una società che conclude diversi accordi di affiliazione di marketing con società di e-commerce. Sulla base di tali accordi si impegna a pubblicare, verso corrispettivo, inserzioni sul proprio portale per l’acquisto di beni e/o servizi offerti dalle società affiliate. Agli utenti che si registrano al portale viene offerta dalla società la possibilità di fare acquisti sui siti affiliati, ottenendo una percentuale di sconto, cashback, riconosciuto cumulativamente in relazione a più acquisti effettuati anche su siti diversi, laddove si verifichino alcune condizioni.
Questi elementi, insieme alla natura dell’operazione quale forma di incentivo delle vendite per le piattaforme di e-commerce affiliate al portale, portano le Entrate a concludere che si tratti di una forma di recupero della spesa sostenuta dal cliente, ovvero di uno sconto, sebbene indiretto e successivo, e pertanto non rientrante in alcuna delle categorie reddituali dell’articolo 6 del Tuir.
Altra natura ha il cashback di Stato per cui il legislatore ha escluso la tassazione del reddito personale (articolo 1, comma 288, della legge 178/2020).
Diverso sarebbe il caso in cui l’erogazione del cashback tra privati sia subordinata all’impegno dell’utente a incentivare l’utilizzo del portale da parte di altri utenti (come nel caso della formula «porta un amico»). In tale ipotesi, la somma corrisposta costituirebbe per l’utente una componente di reddito in base all’articolo 67, comma 1, lettera l), del Tuir.