Di Francesca Rossetti
Oggi parliamo di robotica con un giovane esperto con già diversi riconoscimenti alle spalle, Giuseppe Averta.
Chi è Giuseppe Averta e come nasce la passione per la robotica?
Giuseppe è semplicemente uno che ci ha provato, e ci continua a provare.
Sono nato in un piccolo paesino calabrese, Serra San Bruno, 6000 anime in mezzo ai monti. Da bambino, un po’ come tanti, mi interessavo di qualsiasi cosa. Mi affascinavano lo spazio, la tecnologia, la robotica dei romanzi di fantascienza, la natura, e soprattutto lo stare in compagnia. Mi incuriosiva capire, con occhio che oggi definirei ingegneristico, come funzionava la meccanica del corpo umano. Ho studiato tanto, da sempre, soprattutto le materie scientifiche, non tanto per i voti, ma per la voglia di sapere “come andava a finire”. A 18 anni ho raccolto le mie cose ed ho salutato le mie strade, i miei amici, le mie certezze, per andare a “trovare fortuna” a Pisa. Qui, durante gli studi, ho riscoperto la bio-ingegneria e la robotica. Ed ho capito che potevo dire la mia. Però per farlo bisognava studiare ancora, in un percorso di dottorato.
Quali sono i più importanti docenti che ti hanno seguito in questo importante campo?
Tutta la mia ricerca è stata resa possibile da decine di persone, in Europa e negli Stati Uniti, con le quali ho avuto la fortuna e l’onore di collaborare durante questi anni. Fra questi hanno certamente particolare rilievo i Prof. Antonio Bicchi e Matteo Bianchi, miei tutor e guide durante il dottorato, ed il Prof. Neville Hogan, che mi ha ospitato nei suoi laboratori al MIT durante il mio periodo di ricerca negli States.
Hai da poco vinto il premio Georges Giralt Phd Award: di che si tratta?
Si tratta di un riconoscimento assegnato da Eu Robotics AISBL durante l’European Robotics Forum, un evento annuale che riunisce tutti i principali attori di industria e ricerca nel campo della robotica europea. In particolare, le tesi di dottorato in robotica svolte in un’ istituzione europea vengono valutate da una selezione di esperti del settore per individuare quelle migliori.
Il ruolo della robotica nella sanità durante il Covid e per il futuro
Gli eventi legati alla recente pandemia ci hanno fatto realizzare, se ce ne fosse stato il bisogno, quanto la nostra vita, intesa come relazioni sociali e lavorative, è particolarmente fragile. La comunità scientifica, però, non si è fatta trovare impreparata ed ha valorizzato o riconvertito una serie di tecnologie che hanno effettivamente aiutato la lotta contro il virus. Penso, ad esempio, ai robot autonomi che sono in grado di navigare gli ambienti pubblici per sanificarli, ai robot assistivi che hanno permesso le comunicazioni, e più in generale le tecnologie per il telelavoro. L’Italia è stata protagonista di questa azione, raccogliendo gli sforzi di gran parte dei centri di ricerca nazionali sotto la bandiera dell’Istituto di Robotica e Macchine Intelligenti, proponendo diverse azioni per contrastare, su più livelli, gli effetti deleteri della pandemia sulla nostra società. Più in generale, è evidente che la ricerca in Robotica sarà una delle chiavi per la futura rivoluzione in ambito sanitario. A partire dallo sviluppo di robot chirurghi, sempre più precisi ed affidabili, passando per il design innovativo di protesi robuste, resistenti ed economiche, allo sviluppo di tecnologie per la riabilitazione di pazienti con difficoltà motorie, e tanto altro. Un altro campo che è in forte fermento negli ultimi anni è legato allo studio del tatto come senso attraverso il quale fornire informazioni, al posto di quello uditivo o visivo. Questo ha un ovvio impatto sugli utilizzatori di protesi di mano ad esempio, i quali attualmente possono avere dispositivi in grado di interagire meccanicamente con l’ambiente (afferrare, manipolare), ma non hanno tipicamente nessun ritorno tattile che restituisca informazioni sulle proprietà meccaniche dell’oggetto con cui interagiscono (la sua rigidezza, rugosità, etc.). Inoltre, sarebbe interessante capire come e quanto il training di operatori sanitari (ad esempio ad utilizzare un robot chirurgo) potrebbe migliorare se le istruzioni fossero trasmesse tramite dispositivi che generano uno stimolo tattile (detti dispositivi aptici), liberando il canale uditivo o visivo (che tipicamente richiedono un carico cognitivo maggiore).
Differenza fra umani e robot nei movimenti e in altre funzioni
Uomini e Robot sono “macchine” profondamente diversema fortemente interconnesse. I movimenti umani sono estremamente complessi, basti pensare che il nostro corpo è costituito da oltre 200 ossa ed altrettante articolazioni, mosse da oltre 600 muscoli. Va da sé che il comportamento di questa macchina meravigliosa è spaventosamente difficile da capire e descrivere nella sua interezza. Dall’altro lato, invece, nei robot abbiamo un numero limitato di articolazioni (qualche decina nei robot umanoidi più complessi). Quello che sorprende è che, nonostante la differenza nella complessità strutturale, le prestazioni di questi ultimi sono estremamente inferiori della controparte umana. Questo è ancora più vero se “saliamo di complessità” e pensiamo ad azioni funzionali, attività con significato, etc. Per questo motivo, è fondamentale studiare come gli esseri umani usano il loro corpo, come decidono quale azione fare per eseguire un’attività, come selezionare la strategia migliore per afferrare un oggetto. Da questi studi possiamo derivare delle informazioni che ci permettono di replicare le skills umane su manipolatori robotici che siano in grado di comportarsi, da un punto di vista funzionale, in maniera simile ad un uomo.
Prossimi step
Io credo che questo canale che abbiamo proposto, ovvero la derivazione di “principi” robotici dalle attività umane, debba generare un impatto che sia in grado di “chiudere il cerchio” e produrre miglioramenti alla vita dell’uomo. Per questo, la mia attività di ricerca si concentra, fra le altre cose, nello sviluppo di tecnologie che siano in grado di migliorare le condizioni di lavoro nelle fabbriche del futuro, nel più ampio ombrello dell’Industria 4.0, grazie anche alle nuove frontiere del Machine Learning. Allo stesso tempo, i nostri sforzi potranno giocare un ruolo significativo nello sviluppo di metodologie per migliorare la valutazione di condizioni cliniche associate a patologie che affliggono le capacità motorie, ed al design di protesi innovative. Si tratta certamente di una lunga, difficile ed affascinante strada.