di Leopoldo Gasbarro
E alla fine la rabbia è esplosa. Improvvisamente, probabilmente in ritardo rispetto a quanto mi aspettassi. E’ esplosa animata dalla disperazione, non è una semplice protesta. Non si tratta di un corteo di contestatori che una volta riposti gli striscioni tornano tranquilli nelle loro case e riprendono a fare ciò che facevano prima che il corteo cominciasse. No questa non è protesta è disperazione. Ed è molto peggio…
La gente non ne può più, non ne può più…
Non ne può più di ammalarsi, non ne può più di rischiare la vita, non ne può più di vedere i propri cari morire o finire in ospedale, non ne può più di sentirsi in ansia, in bilico per ogni cosa, per ogni situazione, senza guide, anzi con coloro che dovrebbero guidarli che si stanno trasformando nei loro peggiori carnefici.
La gente non ne può più di incertezze, non ne può più di giustizia sommaria, non ne può più di ingiustizia, non ne può più di incapacità, non ne può più di tutto quello che succede e che non vede fine…
È passato un anno, un anno e due mesi da quando molti cantavano dai balconi che ce l’avremmo fatta, che insieme avremmo superato il baratro.
Sapevamo di dover fare sacrifici, momentanei, ma eravamo certi che avremmo ritrovato la strada giusta, che alla fine la scienza, la medicina ce l’avrebbe fatta a trovare i vaccini e con i vaccini sarebbe arrivata la terra promessa, la salvezza chiusa dentro una fialetta.
Ed invece siamo punto e a capo. Senza speranza, senza luce in fondo al tunnel, ancora completamente immersi nel buio di una notte che sembra non passare mai.
Ieri in Italia sono morte 627 persone, 627 in un solo giorno. Mettetele in fila 627 anime. Non c’è spazio per immaginarle, figuriamoci contarle. Non ci possono non essere responsabili per tutto questo. Ce ne sono eccome. Ce ne sono e che paghino.
Vedrete le denunce che arriveranno, gli uffici legali che si scateneranno, per ogni morte che poteva essere evitata e non lo è stata. I dati italiani del quotidiano fanno a pugni con i dati contabilizzati da inizio Pandemia da tanti Paesi anche molto vicini a noi.
In Israele ne sono morti 6.257, in Serbia 5537, in Giappone, strapieno di anziani e di ultracentenari 9251, in Bulgaria 13.700, in Malesia 1300, in Grecia 8500. In Palestina 2753, in Slovenia 4089, in Norvegia 677, in Finlandia 860, in Thailandia 95, in Australia 909, in Vietnam 35, in Svezia 13.533.
Lo ripeto, perché non ci si confonda. Questi, dei Paesi citati nell’elenco, sono i morti totali, non quelli di un giorno.
Ma a qualcuno è venuto in mente semplicemente di andare a vedere cosa stanno facendo queste nazioni per contenere contagi e morti? Il terzo Mondo siamo noi. Noi ed un’ Europa incapace di dare risposte a se stessa, di non essere in grado di produrre un proprio vaccino, una propria strategia, una propria linea guida.
La Pandemia la sta spezzando l’Europa.
Che qualcuno copi. Copiate quello che fanno chi ha numeri migliori dei nostri. Copiate. Quante volte ho sentito dire che avremmo dato l’indirizzo al Mondo su come gestire la Pandemia. Che eravamo noi l’esempio, noi i precursori.
Quante volte abbiamo sentito critiche per svedesi ed israeliani. Critiche, non analisi. Avremmo dovuto quantomeno copiare invece di criticare.
E la paura cresce.
Cresce con i morti, i ricoveri e le inopportune incapacità di chi muove le leve di un un potere organizzativo ( si fa per dire) che non dovrebbe neanche poter sfiorare.
Che qualità dell’aria c’è in Grecia, in Bulgaria, in Slovenia, in Norvegia che non c’è in Italia?
Perché non ce lo dite?
Capite perché la rabbia alla fine è esplosa?
Non è più possibile.
Non è più accettabile che non ci siano responsabili. Chi ha scelto e composto i mille DPCM che ci hanno portato fino a qui?
Non è accettabile che si sia festeggiato l’arrivo di Mario Draghi perché competente e preparato e capace di portare avanti il paese dal punto di vista economico e nessuno si preoccupa di fare altrettanto per la sanità che oggi vale e conta anche per l’ economia?
E’ possibile che non ci pensi nessuno?
Non siamo in un videogioco in cui, una volta perse tutte le vite, arrivato il Game Over, si può resettare la partita e ricominciare da capo.
No. Le vite sono perse e quelle che non si perdono si smarriscono e quelle che non si smarriscono finisco sul lastrico o in prigione per atti che non avrebbero mai voluto compiere, in nessuna delle loro vite normali.
Questa malattia è subdola. E’ subdola perché incompresa, perché nessuno ne conosce o ne spiega i reali meccanismi.
Perché nessuno la capisce.
Perché prima di essere una malattia è stata trasformata dall’opinione pubblica, da una comunicazione assurda, in un’ossessione.
Non c’è educazione, non c’è attenzione, non c’è spiegazione.
Non è vita quella di un genitore che non lavora e non può dare da mangiare i propri figli. Non è colpa della pandemia è colpa della gestione errata della pandemia.
È arrivato il momento di cambiare radicalmente tutto quello che è possibile cambiare.
Ci vuole un segnale forte perché altrimenti anche Draghi, che rappresenta un punto di riferimento dal punto di vista economico e finanziario, che rappresenta autorevolezza e capacità, rischia di naufragare su una barca che sta difficilmente mantenendo la linea di galleggiamento e sulla quale non ha fatto neanche in tempo a salire che è stato investito dalla tempesta. Ma quella sanitaria non può essere la sua tempesta.
Ci vogliono gli uomini giusti, preparati.
E poi la Comunicazione.
La priorità è rendere i cittadini edotti su cosa si sta facendo. Io la chiamerei la POLITICA DEI PICCOLI PASSI. Ogni giorno, in ogni telegiornale avere un quadro semplice, comprensibile di ciò che si sta realizzando in ogni settore. Un quadro che permetta di misurare gli stati di avanzamento, che permetta di far cogliere alle persone che ogni sacrificio è finalizzato ad un obiettivo. La comunicazione oggi è necessaria ad educare ed a far comprendere ciò che si fa fatica a comprendere.
Un esempio?
Ieri mia figlia è tornata a scuola.
Ed io mi sono chiesto: “Perché le scuole hanno riaperto?”.
Ci sono dei numeri che supportano le riaperture, oppure sono state riaperte semplicemente perché bisogna far vedere che qualcosa si sta facendo?
Perché se guardo i numeri della Pandemia e dei morti non vedo motivo di riapertura una volta chiusa la scuola. A meno che non ci sia ed io non lo conosco. Ed allora spiegatelo. COMUNICATELO.
Ma se non c’è motivo di riapertura della scuola e questa viene riaperta allora può darsi che non fosse giusto chiuderla un mese e mezzo fa…
E’ questo che non funziona.
E’ la confusione che impera.
Basta con la politica che non capisce il momento grave che stiamo vivendo, basta con la politica degli incompetenti.
Questo è un paese che non merita 627 morti in un giorno.
Non è giusto. Abbiate la capacità di vergognarvi, di guardare dentro di voi e dentro le vostre INCOSCIENZE.
La riapertura delle scuole? Andava subordinata alla vaccinazione di tutte le persone anziane che hanno in famiglia ragazzi che vanno scuola. Almeno quelli. Così si salvano le persone. Allora avrebbe avuto un senso riaprire la scuola.
C’è un’emergenza, una guerra che va combattuta con tutte le armi a disposizione, anche quelle non convenzionali, ma soprattutto con i generali, quelli bravi, e mettendo in disparte quelli che hanno determinato un’altra Caporetto incredibile di questo paese.
Un’altra Caporetto. Questo, tutto questo, finirà nei libri di storia…
E non sarà una bella storia.
Basta morti, basta bollettini di guerra, raccontiamo che cosa è stato fatto oggi Presidente Draghi, lei che ne ha la forza, l’autorevolezza.
Lo faccia.
Comunichi positività, ma positività suffragata dai fatti e dai progetti che state impostando e realizzando.
Comunicate.
Ed educate, rendendo consapevoli e responsabili le persone.
Prima che tutto crolli, prima che l’assalto a Capitol Hill diventi l’assalto a Montecitorio, prima che tutto quello che nessuno avrebbe mai voluto immaginare lo vivremo.
Io mi occupo di economia, ma faccio prima di ogni altra cosa il giornalista, il comunicatore e come comunicatore l’unica cosa che mi viene in mente di fare è spiegare alla gente quello che sta succedendo. Senza deroghe, senza accettare di vedere biechi interessi personali essere anteposti a quelli della comunità e delle singole persone. Stiamo combattendo la stessa battaglia di tanti. Si combatte con la febbre, i malesseri, le paure, il terrore in alcuni momenti. Il terrore che le cose possano andar male e che non ci sia abbastanza competenza per farle andare meglio.
Ripeto questo virus è subdolo.
Ti entra dentro magari arrivando da una persona cara, quella da cui non ti aspetti che possa arrivare e neanche te ne accorgi. Si annida dove non puoi vederlo e ti macera fisicamente e psicologicamente. Così ogni misurazione dell’ossigeno, ogni volta che infili il termometro sotto il braccio, ogni volta che un colpo di tosse scuote il tuo petto, ogni volta che conti i giorni che passano diventare il dazio delle nostre vite alla malattia, ecco, quando i giorni passano e poco a poco hai la fortuna di avvertire un senso di miglioramento, ecco che tiri un sospiro di sollievo.
Ma la ferita rimane ed è lacerante, come il tampone che attraversa il tuo cervello quando va a cercare il virus. Lascia un segno indelebile dentro la nostra memoria.
Non c’è più tempo, non c’è più tempo, non c’è più tempo. Non c’è più tempo.