Potrebbe nascere una struttura centrale di coordinamento del Pnrr presso il ministero dell’Economia «a presidio e supervisione dell’efficace attuazione del Piano». È quanto ha annunciato il ministro dell’Economia, Daniele Franco, nel corso dell’audizione in Senato sul Recovery plan.
Per l’Italia il Recovery fund prevede «fondi a disposizione per circa 196 miliardi a prezzi correnti, 69 sotto forma trasferimenti, 127 sotto forma prestiti». Gli ultimi dati, e il regolamento europeo che ha come riferimento il Pil 2019, portano «a una stima dell’entità delle risorse per circa 191,5 miliardi, leggermente inferiore a quella indicata a gennaio».
«In aprile ci sarà una fase molto rapida e concitata in cui noi come governo dovremo di nuovo informarvi, poi come questa azione e come il Parlamento poi si esprima non mi sentirei di rispondere oggi perché impegna l’intero governo. È questione su cui il Consiglio dei ministri dovrà esprimersi e avere un dialogo, non abbiamo ancora identificato la strategia per questa fase che sarà rapida, veloce. Insieme dobbiamo trovare pragmaticamente una soluzione». Così il ministro dell’Economia Daniele Franco in audizione sul Pnnr, ribadendo che le Camere saranno «informate sistematicamente, come ha detto Draghi».
La tabella di marcia per il Piano nazionale di ripresa e resilienza prevede una presentazione entro il 30 aprile, poi la Commissione Ue valuterà i piani di ciascun Paese e avrà a disposizione otto settimane. Una volta «acquisita l’approvazione del Consiglio europeo ci saranno altre quattro settimane per la definizione finale». Questo calendario, per Franco, «implica che le risorse europee saranno disponibili alla fine dell’estate».
Mef coordinerà e sarà a supporto di tutti
Il Pnrr «è una straordinaria opportunità per la ripresa sostenibile e inclusiva, abbiamo di fronte due compiti fondamentali: in meno di due mesi dobbiamo completare il piano, quindi in tempi molto rapidi; il secondo compito è assicurarsi che i progetti d’investimento e di riforma siano completati nei tempi del piano e dobbiamo predisporre un sistema di monitoraggio, a tal fine siamo impegnati su due fronti, di metodo e di merito». A giudizio del ministro dell’Economia «dal punto di vista organizzativo il Governo ha incardinato la governance presso il Mef che si coordina con le amministrazioni di settore e con le autonomie territoriali». Il dicastero «svolgerà un ruolo di coordinamento e darà pieno supporto a tutti i ministeri per assicurare che vi sia un’effettiva realizzabilità entro il 2026».
Aumento crescita con riforme sarà oltre 3% stimato
Sull’impatto del 3% stimato quale effetto stabile annuo sulla crescita a fine Recovery Plan, Franco spiega che «la simulazione dei colleghi del Tesoro non teneva conto dei possibili effetti delle riforme», con la conseguenza che «ove si realizzassero e portassero a un sistema economico più competitivo, la crescita del Pil potrebbe essere più elevata. Questo 3% – a giudizio del ministro – è l’impatto del solo Piano, ma la nostra crescita non è che dipenda solo dal Piano, ma da tutte le altre politiche che realizziamo, dai Fondi comunitari ovviamente, dal Fondo sviluppo e coesione, dai Fondi per gli investimenti. La simulazione isolava l’effetto del Piano, che non è piccolo, dato che è permanente».
Serve cambio passo, più forza alle strutture operative
A giudizio di Franco i progetti del Recovery plan «possono contribuire ad accrescere il nostro potenziale di sviluppo, il successo di questi piani farebbe compiere un salto di qualità a livello europeo e dobbiamo essere consapevoli che la predisposizione e la realizzazione di questo piano sono opera complessa, i contenuti devono essere ambiziosi e credibili, vanno definite le specifiche modalità operative di ciascun intervento, per l’Italia questo implica un cambio di passo nell’utilizzo dei fondi, dobbiamo muovere su tempi molto più rapidi, serve un deciso rafforzamento delle strutture tecniche e operative deputate alla realizzazione degli interventi».
Discutere rapporto tra vecchi e nuovi progetti
A tutti gli effetti Next generation Eu risulta «un passaggio storico nel processo di integrazione europea e un passo avanti significativo nella costruzione di un bilancio comune». «Alcune parti» del piano italiano per il Recovery fund presentato a gennaio vanno rafforzate, e occorre «tarare i nostri progetti sulle risorse effettivamente disponibili». Inoltre “nelle prossime settimane dovremo riflettere sul rapporto fra progetti a legislazione vigente e nuovi progetti e vedere se la distribuzione fra i due canali di intervento debba restare quella indicata o debba essere soggetta a cambiamenti».
Priorità riforme da giustizia a semplificazione normativa
Sulle riforme che dovranno accompagnare gli investimenti del Recovery «occorre tenere a mente la tensione fra l’obiettivo di ridisegnare in modo organico la cornice regolamentare delle aree di interventi, e i tempi molto molto serrati. Bisogna essere molto, molto pragmatici». Secondo il ministro dell’Economia «due riforme sono particolarmente importanti, da un lato quella della Pubblica amministrazione» e dall’altro «la riforma della giustizia». Una terza area «molto importante di riforma di forma riguarda gli interventi di semplificazione normativa trasversale».
Quanto alla riforma fiscale, pur essendo «una delle priorità di questo Governo» visto il livello «relativamente alto» dell’imposizione fiscale e delle aliquote in Italia, non verrà affrontata nell’ambito del Piano italiano di ripresa e resilienza.
Piano immissione giovani nella Pa in tempi rapidi
«Dobbiamo impostare una politica di reimmissione di persone più giovani nella Pa», aggiunge ancora Daniele Franco nel corso dell’audizione. «È un tema non facile che esige interventi che si sviluppano in più anni» ma «abbiamo nell’immediato un problema urgente di potenziare in tempi brevi le strutture amministrative per poter gestire i progetti» del Recovery. Ancora «non ci sono soluzioni del tutto operative, Brunetta ci sta lavorando e ha formulato varie ipotesi. La sfida è trovare soluzioni che consentano l’immissioni in tempi relativamente brevi».
Un passaggio viene poi riservato alla quota delle risorse derivanti dal Recovery plan da destinare a investimenti nel Mezzogiorno. «Personalmente penso che la percentuale del 34% debba ovviamente essere conseguita e che anzi occorrerebbe anche andare oltre a questa percentuale», osserva il ministro, rimandando la definizione delle scelte al ministro del Sud Mara Carfagna «che avrà un ruolo orizzontale sulla costruzione del Piano».
McKinsey non prenderà decisioni e non avrà informazioni privilegiate
Infine, dopo le polemiche sollevate per la richiesta di consulenza a McKinsey, il ministro chiarisce che «nessuna struttura privata prende decisioni o ha informazioni privilegiate e riservate». Da parte di McKinsey «non c’è alcuna intromissione nelle scelte». Si occuperà «di aspetti più editoriali che di sostanza», e «tutte le decisioni e le riunioni e decisioni importati sono tra soggetti pubblici». «Nella normale operatività degli enti pubblici a volte ci si rivolge soggetti esterni per acquistare servizi che diano un supporto tecnico operativo. Questo lo fanno credo tutti i ministeri, la Commissione europea, il Parlamento europeo». Quindi questo contratto che il Mef ha fatto, che è già aperto, «riguarda la produzione di cronoprogrammi e aspetti metodologici per la redazione del Piano».
Fonte: (https://www.ilsole24ore.com/art/recover-plan-franco-costituiremo-mef-struttura-centrale-coordinamento-ADeLTfOB)