di Maurizio Pimpinella
Circa una settimana fa, la presidente della Banca Centrale Europea, Christine Lagarde, ci ha dato contemporaneamente una notizia e una conferma. La conferma riguarda la più che sostanziale apertura nei confronti dell’euro digitale già conosciuta da tempo, la seconda, ben più importante, rappresenta al contempo il punto di genesi e il tracciamento di quella che alle prime sembra essere il prodromo di una vera e propria roadmap sull’adozione dell’euro digitale. Secondo la Lagarde, infatti, l’area euro potrà contare sulla propria CBDC entro cinque anni. Il progetto è sicuramente ambizioso e rientra in una più ampia strategia finanziaria che spazia dalla politica digitale, a quella monetaria, a quella internazionale, il cui primo passo è stata la consultazione pubblica recentemente conclusasi.
Sull’argomento, la presidente Lagarde era già stata chiara: “L’euro appartiene ai cittadini europei e la nostra missione e’ esserne i custodi. I cittadini europei stanno ricorrendo sempre di piu’ alla tecnologia digitale nei loro comportamenti di spesa, risparmio e investimento. Il nostro ruolo e’ mantenere la fiducia nella moneta, assicurando anche che l’euro sia pronto ad affrontare l’era digitale”. Una moneta di tutti e per tutti orientata a mettere l’Europa al centro del mondo insomma. Ma c’è di più. Dalle sue parole, si può intuire che la scelta strategica della BCE, potrebbe essere ancora più incisiva e dirompente dell’avvento di qualsiasi altra fintech, portando alla totale riconsiderazione del sistema bancario europeo.
Fino ad ora la BCE, al pari di ogni altra banca centrale, ha creato moneta in due forme: il contante e le riserve costituite dalle banche private presso la banca centrale (che negli ultimi anni è diventata la componente preponderante della cosiddetta base monetaria). Ora la BCE contempla la possibilità di arricchire l’offerta con una terza forma di moneta, che unirebbe in sé le caratteristiche dell’una e dell’altra: digitale, come le riserve, ma disponibile anche per le famiglie e per le imprese per i pagamenti al dettaglio. Ciò significa che entrambe queste categorie avrebbero la facoltà di aprire un vero e proprio conto corrente presso la stessa BCE senza la necessità di passare attraverso degli intermediari (ovvero le banche). Se, da un lato, il diretto collegamento tra Banca centrale e cittadini potrebbe rappresentare l’avvio di una potenziale età dell’oro in cui è favorita l’inclusione finanzia di circa 30 milioni di cittadini europei di fatto unbanked, di converso in un solo colpo verrebbe meno il ruolo di centinaia di attori finanziari locali che offrono servizi e supporto a comunità territoriali particolari e ben definite. È ovvio, infatti che, sebbene il progetto preveda che siano le banche private o i prestatori di servizi a pagamento a gestire i nuovi conti correnti garantiti dalla BCE, il loro ruolo attivo sarebbe fortemente ridimensionato. Dal punto di vista della sicurezza, per il risparmiatore questa potrebbe essere una buona notizia. Eventi infausti come quelli, ad esempio, di Banca Etruria o Popolare di Vicenza, non potrebbero avvenire ma siamo sicuri che anche il credito, gli investimenti, il risparmio presso le banche private e il loro rapporto con le comunità locali non ne risentirebbero? Seppure il legame diretto fra la banca centrale e i cittadini ne uscisse in qualche modo rafforzato, si tratterebbe di una sostanziale invasione da parte della Banca centrale in materia fiscale in una veste in cui la BCE diventerebbe contemporaneamente controllante e controllato. È evidente che questo passaggio contribuirebbe a creare una certa confusione, costringendo a ridefinire i rapporti e i ruoli di autorità monetaria, governi e banche. Siamo sicuri, quindi, che questa eventuale architettura non rappresenti, per certi aspetti almeno, un passo indietro anziché uno in avanti? Probabilmente, anche con l’euro digitale le soluzioni potrebbero essere alternative a quelle dello scenario descritto.
Insomma, i potenziali effetti positivi dell’adozione dell’euro digitale sono abbastanza chiari, tuttavia, anche le perplessità e i punti da chiarire sono numerosi. I prossimi cinque anni saranno decisivi per la definizione del nuovo ordine mondiale del prossimo trentennio. Per questo motivo, l’Europa ha certamente il dovere di sfruttare ogni strumento politico, tecnologico, economico e monetario a sua disposizione per accrescere il proprio ruolo internazionale e garantire un più ampio livello di inclusione della sua popolazione. Allo stesso tempo però, non deve commettere l’errore di sottostimare la rilevanza del ruolo dei corpi intermedi (finanziari) che, ad ogni livello, forniscono un apporto fondamentale di collante tra cittadini, imprese e istituzioni e sono, a tutti gli effetti, uno stimolo all’economia, alla crescita, allo sviluppo e alla ricerca.
Questi ed altri aspetti saranno centrali nei prossimi cinque anni di studio e sperimentazione ma quello che più conta è che ne emerga un’Europa più forte e coesa di oggi.