Due settimane dopo esser finita nella blacklist dell’ex presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, Xiaomi si è rivolta alla giustizia americana. La compagnia ha presentato l’altro giorno un’azione legale nei confronti dei dipartimenti della Difesa e del Tesoro degli Stati Uniti, chiedendo ai giudici della Corte distrettuale degli Stati Uniti (distretto di Columbia) di “dichiarare illegale la decisione e di revocarla”.
Il provvedimento attuato a gennaio dalla vecchia amministrazione vieta agli investitori americani di acquistare azioni o titoli finanziari di 31 aziende ritenute collegate alle società militari cinesi. Il bando include anche Xiaomi, che nel 2020 ha registrato una crescita del 17% nella vendita di smartphone, la maggiore tra i primi sei produttori, posizionandosi, secondo il centro studi Idc, al quarto posto mondiale.
Ora, per tutta risposta, la compagnia di Pechino “ritiene che la decisione di considerare la società come una ‘società militare cinese comunista’ ai sensi del National defense Authorization Act”, da parte dei due dipartimenti “sia di fatto errata e abbia privato la società di un giusto processo”. Per questo il procedimento è stato presentato al tribunale, “al fine di proteggere gli interessi degli utenti, dei partner, dei dipendenti e degli azionisti”, chiedendo un provvedimento che imponga un passo indietro.