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Debiti con le banche? Facciamo chiarezza: le linee guida della Banca d’Italia.

7 Gennaio 2021
in Senza categoria
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eGov, in Europa Malta ed Estonia al top, l’Italia ferma al palo

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Con l’inizio del nuovo anno è entrata definitivamente in vigore la nuova definizione di default per i debitori inadempienti nelle obbligazioni verso una banca, in base al Regolamento europeo (575/2013) che stabilisce alcuni requisiti per gli enti creditizi e le imprese di investimento, lo annuncia Banca d’Italia. La norma riguarda il modo in cui banche e intermediari finanziari non bancari (come le società di leasing), devono classificare i clienti a fini prudenziali, introducendo criteri più stringenti per privati, Pmi e imprese.

Anche se prevista da tempo, la norma ha destato scalpore per il tempismo con cui è entrata in vigore mentre, a tal proposito, alcuni commentatori ne hanno evidenziato la portata inopportuna in un momento storico così difficile.

Giova, a tal proposito, farci aiutare dalle linee guida dettate dalla Banca d’Italia per fare chiarezza su un argomento spinoso sul quale potrebbero sorgere dubbi e incomprensioni.

Q1. Le nuove regole europee sulla definizione di default rappresentano un cambiamento improvviso?

No, i criteri che le banche devono utilizzare per identificare le esposizioni in stato di default sono disciplinati a livello europeo dal Regolamento sui requisiti di capitale delle banche, entrato in vigore il 1° gennaio 2014; per assicurarne un’applicazione uniforme in tutta Europa, la Commissione europea (con un Regolamento del 2018) e l’EBA (con linee guida del 2017) hanno fornito ulteriori specificazioni, applicabili dal 1° gennaio 2021.

Per le banche “meno significative”, che sono vigilate direttamente dalla Banca d’Italia, le nuove regole sono state recepite in Italia a giugno 2019, dopo una fase di consultazione pubblica; per quelle “significative”, vigilate dal Meccanismo di vigilanza Unico, ha provveduto la BCE nel 2018; Il 1° gennaio 2021 è il termine ultimo per adottarle, e alcune banche hanno provveduto in anticipo.

Q2. È vero che le regole sul default in vigore dal 1° gennaio 2021 sono più stringenti e possono riflettersi sulle condizioni creditizie in Italia?

Le nuove regole sono il frutto di un compromesso negoziale europeo, con posizioni di partenza molto differenti; per l’Italia esse introducono criteri differenti da quelli attualmente utilizzati dalle banche italiane e, per alcuni aspetti, risultano più stringenti; per altri paesi possono invece risultare più lasche.

La classificazione in default sulla base dei nuovi criteri, come in tutte le situazioni di default, può avere riflessi sulle relazioni creditizie fra gli intermediari e la loro clientela, la cui gestione può come conseguenza comportare l’adozione di iniziative per assicurare la regolarizzazione del rapporto creditizio.

La nuova definizione di default non introduce un divieto a consentire sconfinamenti: come già ora, le banche, nel rispetto delle proprie policy, possono consentire ai clienti utilizzi del conto che comportino uno sconfinamento oltre la disponibilità presente sul conto ovvero, in caso di affidamento, oltre il limite di fido.

Per questo motivo è importante che gli intermediari forniscano informazioni e assistenza ai propri clienti, per sensibilizzarli sulle implicazioni della nuova disciplina, aiutarli a comprendere il cambiamento in atto e adottare comportamenti coerenti con la nuova disciplina. La Banca d’Italia ha chiesto nei giorni scorsi a banche e intermediari finanziari di adoperarsi in tal senso.

Q3. È vero che è sufficiente uno sconfinamento di 100 euro per essere segnalati in default?

No, non è corretto. È necessario che lo sconfinamento superi la “soglia di rilevanza”, cioè che superi contemporaneamente sia la soglia assoluta (100 o 500 euro, a seconda della natura del debitore) sia quella relativa (1% dell’esposizione) e che lo sconfinamento si protragga per oltre 90 giorni consecutivi (in alcuni casi, ad esempio per le amministrazioni pubbliche, 180 giorni).

Q4. Per effetto delle nuove regole europee sulla definizione di default, dal 1° gennaio è vietato lo sconfinamento (“andare in rosso sul conto”)?

Lo sconfinamento, come suggerito dal termine stesso, rappresenta un utilizzo dei fondi per importi superiori alle disponibilità presenti sul conto o al fido accordato; la possibilità di sconfinare non è un diritto del cliente, ma una facoltà concessa dalla banca, che può anche applicare commissioni (la cosiddetta CIV, commissione di istruttoria veloce). Dal 1° gennaio, come già oggi, le banche potranno continuare a consentire ai clienti utilizzi del conto, anche per il pagamento delle utenze o degli stipendi, che comportino uno sconfinamento. Si tratta tuttavia di una scelta discrezionale della banca, che può consentire oppure rifiutare lo sconfinamento. È quindi importante conoscere bene il contratto stipulato con la propria banca e dialogare con essa.

Q5. Se un debitore è classificato a default sulla base della nuova definizione, è classificato automaticamente anche “a sofferenza” nella Centrale dei Rischi?

No. La definizione di “sofferenze” non viene toccata dalle nuove regole europee sul default. Gli intermediari segnalano un cliente “in sofferenza” solo quando ritengono che abbia gravi difficoltà, non temporanee, a restituire il suo debito. La classificazione presuppone che l’intermediario abbia condotto una valutazione della situazione finanziaria complessiva del cliente e non si sia basato solo su singoli eventi, quali ad esempio uno o più ritardi nel pagamento del debito. Non vi è dunque alcun automatismo tra la classificazione a default e la segnalazione a sofferenza in CR. Pertanto non è vero che basta uno sconfinamento o un ritardo nei pagamenti per somme anche solo di 100 euro per dar automaticamente luogo a una segnalazione a sofferenza, con il conseguente rischio di compromettere o rendere più oneroso il futuro accesso al credito del cliente presso l’intero sistema bancario.

Q6. È vero che le nuove regole europee sulla definizione di default hanno un impatto rilevante sulle segnalazioni nella Centrale dei rischi?

No, non è corretto. Le nuove regole hanno un impatto molto limitato sulla rappresentazione della clientela nelle informazioni della Centrale dei Rischi che la Banca d’Italia mette a disposizione degli intermediari (banche e società finanziarie) e che questi utilizzano nelle proprie valutazioni del “merito di credito”.

L’unica innovazione riguarda la classificazione “a sofferenza”, che deve risultare uniforme per tutti gli intermediari che fanno parte dello stesso gruppo bancario o finanziario: se un cliente è affidato da più intermediari dello stesso gruppo, la classificazione a sofferenza dovrà considerare tutte le informazioni – positive e negative – che lo riguardano disponibili all’interno del gruppo stesso. Le regole precedenti non prevedevano formalmente di considerare le informazioni a disposizione del complesso degli intermediari del gruppo, ancorché fosse una prassi verosimilmente diffusa.

Non c’è invece alcun impatto sull’altra classificazione di anomalia presente in Centrale dei Rischi, i crediti scaduti o sconfinanti in via continuativa (i cosiddetti “inadempimenti persistenti”), che continuano a seguire il criterio legato alla scadenza dei rimborsi previsti dal contratto di finanziamento e prescindono da qualsiasi soglia di rilevanza; i ritardi di pagamento continuano a essere segnalati se superano i 90 giorni.

Tags: bancaditaliabcedebitidefault
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