di Maurizio Pimpinella
L’emergenza sanitaria ha dimostrato che le imprese più resilienti sono state proprio quelle in grado di adattare meglio e più velocemente il proprio business al digitale, sia adottando modalità innovative di lavoro agile sia sfruttando le potenzialità offerte dalla nuova economia. Nello stesso periodo sono state esaltate le potenzialità dell’e-commerce, motore presente e futuro per veicolare il made in Italy nel mondo. Questo passaggio, però, ha evidenziato le differenze competitive tra le imprese, accrescendone il divario e la capacità di incidere sul mercato. A questo proposito, giova evidenziare un dato su tutti che emerge dall’indice europeo di digitalizzazione DESI: per quota di PMI in grado di vendere direttamente online, il nostro Paese si posiziona terz’ultimo nell’EU 28 (peggio di noi solo Romania e Bulgaria). In questa fase, e per la preparazione di quella successiva, è vitale che venga dato seguito alle iniziative di modernizzazione delle imprese con un arco temporale di medio-lungo periodo, dando ad esempio continuità al Piano Transizione 4.0. Tenendo conto dell’avanzare di nuove forme di lavoro e modelli di business è importante operare un forte investimento in formazione per l’acquisizione di competenze nei processi di reskilling e upskilling, un percorso da favorire sia nelle imprese private sia nella pubblica amministrazione. Per quanto riguarda poi strettamente il commercio elettronico, la soluzione èrendere phygital, ibrido e multicanale il commercio. Ciò di cui le nostre imprese hanno bisogno è sostanzialmente lasciarsi aperte più strade e sfruttare ogni canale. Perché distinguere tra on-line e off-line va bene, ma bisogna anche tenere presente che sull’on-line esistono più strade che possono essere percorse.
Per riuscirci bisogna però supportare le imprese nel processo di trasformazione digitale creando la giusta cultura digitale, fornendo loro supporto e le migliori soluzioni per la loro attività a 360gradi e per aiutarli ad incrementare le vendite.