di Maurizio Pimpinella
Il rapporto Clusit 2020 parla chiaro: tra gennaio e giugno 2019, nel primo semestre del 2020, si è verificato un incremento di circa il 7% degli attacchi informatici. In molti casi, il coronavirus è stato utilizzato come “cavallo di Troia” (com’è accaduto al Land della Renania la scorsa primavera) per accedere con più facilità al flusso di dati che è circolato su questo tema, ad esempio, con “campagne” di phishing o social engineering che da sole valgono circa il 61% del totale. Il confinamento domestico e la crescita dello smart working, hanno poi moltiplicato le occasioni di attacco. Nello specifico, stando al rapporto 2020 Cost of Insider Threats, condotto da Ponemon Institute, nell’ultimo anno, si è verificato un aumento del 47% degli incidenti causati da minacce interne alle aziende e una crescita del 31% del costo dei cyberattacchi.
La sicurezza digitale è un tema strategico cruciale anche perché da questo dipende la continuità e il corretto svolgimento delle attività economiche, sanitarie, politiche e sociali di un Paese. Sotto questo profilo va letta la previsione del Recovery Plan di istituire un centro di sviluppo e ricerca sulla cybersecurity che opererà attraverso la costituzione di partenariati pubblici-privati (con i campioni nazionali e le università) e il lancio di spin off-startup.
Il cambiamento delle abitudini di vita, di lavoro e di consumo impone, quindi, il ripensamento delle strategie di prevenzione e tutela del perimetro cibernetico, contribuendo a rendere più sicuro il mondo connesso, digitale, interrelazionale e interdipendente nel quale viviamo ed assicurare così la sostenibilità dell’economia digitale, realtà dalla quale non è più possibile tornare indietro.
Una volta usciti dalla pandemia virale che ci affligge entreremo in una nuova fase nella quale la prossima ondatapotrebbe essere causata da un attacco alla sicurezza cibernetica.
Questo è, infatti, il campo sul quale saranno condotte molte delle guerre del futuro così come buona parte degli attacchi terroristici, anche su larga scala, e non illudiamoci che possano essere privi di vittime, anzi. Se dai nostri “castelli domotici” riusciamo a godere di un’apertura totale rispetto al mondo globale e possiamo vivere a contatto con tutti e in ogni luogo senza spostarci, limitando al massimo la possibilità di contrarre il covid, allo stesso modo, dobbiamo anche essere consapevoli che altri virus potrebbero infettare non noi ma i nostri dispositivi elettronici che ci permettono di rimanere a distanza senza perdere nulla.
Tuttavia, essere più esposti ai pericoli non vuol dire necessariamente essere indifesi. Col crescere delle opportunità, della globalizzazione digitale e degli attacchi sono anche aumentati gli strumenti e le procedure a nostra disposizione per proteggerci da essi, tra cui il buon senso che rimane la prima e sempre efficace misura. Per avervi accesso, però, sono necessari interventi mirati e la costante sensibilizzazione di tutti gli attori coinvolti, dal più grande alpiù piccolo, perché anche una piccola breccia in una diga, se ignorata, può col tempo allargarsi e causare infine gravi danni. Sul piano operativo, è indispensabile avviare da subito investimenti in ricerca e innovazione, ma è anche necessario costituire un ecosistema collaborativo e coordinato delle imprese e della pubblica amministrazione tale per cui gli investimenti siano sempre adeguati alla minaccia. In ultimo, è indispensabile agire per accrescere la consapevolezza dei cittadini.