Paradossalmente, il successo dei download del cashback di Stato potrebbero rivelarsi un aspetto critico per la sua reale riuscita. A generare il corto circuito, infatti, potrebbero essere i fondi sostanzialmente sottostimati rispetto alla richiesta. L’attuale fase sperimentale può contare su uno stanziamento di 227,9 milioni di euro. Non è un fondo da alimentare a piacimento, inoltre, stando a quanto previsto dal regolamento se la «risorsa finanziaria» stanziata «non consenta il pagamento integrale del rimborso spettante, questo è proporzionalmente ridotto». In altre parole, una volta esauriti i 228 milioni di euro il bonus verrà decurtato. Il regolamento non precisa le modalità. Attualmente, gli iscritti al programma sono circa 3,6 milioni di utenti (gli strumenti di pagamento accreditati sono 6,2 milioni, 3,5 carte di credito e 1,7 milioni di bancomat).
Allo stato corrente, se tutti gli iscritti avessero diritto ai 150 euro di rimborso, il Tesoro dovrebbe già prepararsi a erogare 525 milioni di euro. Più del doppio della cifra a disposizione. A questo punto sarebbe ipotizzabile una riduzione del bonus per tutti o l’esclusione di alcuni soggetti.
Aver sottostimato l’adesione al programma fosse di questa entità potrebbe produrre addirittura un effetto boomerang nei confronti non solo nei confronti dell’iniziativa ma dell’interno settore del commercio al dettaglio, un freno che nessuno si augura e che potrebbe generare anche una pericolosa contrazione della fiducia dei consumatori. Forse è per questo motivo che, come abbiamo visto in un precedente articolo, si sta già pensando ad un nuovo fondo o al rifinanziamento di quello esistente con nuove risorse.