Nel 2021 ci sara’ ‘una soluzione europea’ per la webtax, la tassa sui colossi del mondo digitale, nel caso le trattative in sede Ocse tardassero ad arrivare a un risultato. Lo ha detto il ministro dell’Economia francese, Bruno Le Maire, in un’intervista tv. ‘A livello Ue la mobilitazione, in particolare con il commissario Paolo Gentiloni, e’ totale’. A livello mondiale ‘ci sono soprattutto reticenze da parte degli Stati Uniti. In Europa stanno invece cadendo una dopo l’altra’, ha rilevato Le Maire, esprimendo l’auspicio che un’intesa venga raggiunta a livello globale. Ma ‘se non ci sara’ un accordo all’Ocse, avremo una soluzione europea durante il 2021′, ha assicurato il ministro. Dopo mesi di discussioni tecniche, 137 Paesi nello scorso gennaio hanno concordato di trattare sul modo di tassare le multinazionali, in particolare quelle del settore digitale come Google, Facebook, Amazon e Apple, i cui utili spesso sfuggono al fisco dei Paesi in cui vengono realizzati. Le discussioni multilaterali si stanno tuttavia scontrando con l’opposizione degli Usa. La scorsa settimana, la Germania, che ha la presidenza di turno della Ue, ha detto di essere ‘abbastanza fiduciosa’ sulla possibilita’ di trovare un accordo con Washington ‘in autunno’.
L’Ocse a fine gennaio ha raggiunto un accordo cui partecipano 137 Paesi per trovare la quadra entro fine 2020 ha riconosciuto, nel recente report “Tax and Fiscal Policy in Response to the Coronavirus Crisis”, che nella situazione critica generata dalla pandemia di coronavirus, diventa cruciale rispondere in maniera efficace alla sfide poste dalla digitalizzazione e garantire misure per la tassazione minima delle big tech. Secondo l’Ocse il forte impulso all’utilizzo di servizi su piattaforme digitali – basti pensare alla diffusione dello smart working e della didattica a distanza – possono rappresentare un nuovo stimolo a cercare un accordo a livello internazionale sulla web tax.
In seno all’Ocse è operativa la “task force on digital economy” volta ad esaminare le regole concernenti la distribuzione dei profitti delle imprese digitali al fine di arrivare a un nuovo quadro condiviso di norme su dove vadano corrisposte le imposte e quale quota dei profitti possa essere tassata da ogni giurisdizione coinvolta.
Nel frattempo, alcuni dei principali colossi del web hanno già iniziato ad addebitare sui consumatori l’aggravio dovuto alla tassa dei singoli stati senza cambiare minimamente le loro strategie.