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MARCO SPADINO E L’INNOVAZIONE IN PUGLIA

10 Luglio 2020
in News
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MARCO SPADINO E L’INNOVAZIONE IN PUGLIA
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Di Francesca Rossetti

La Regione Puglia, oltre ad essere culla di straordinarie bellezze storiche ed architettoniche, è anche uno dei poli italiani che sta maggiormente investendo sull’innovazione: ne parliamo con Marco Spadino.

Dott. Spadino, di che cosa si occupa?

Mi occupo di progetti di innovazione tecnologica della Pubblica Amministrazione per conto di InnovaPuglia S.p.A., società partecipata e controllata dalla Regione Puglia.

Ho mosso i primi passi del mio percorso professionale come esperto di gestione e sviluppo di sistemi informatici. Nel tempo mi sono naturalmente spostato su ruoli più manageriali, coordinando progetti complessi e avendo così l’opportunità di applicare le mie competenze di ambito tecnologico in diversi domini tematici: utility, HR, giustizia, ecc…

Negli ultimi anni ho operato sui temi dell’innovazione dei processi amministrativo-contabili degli enti pubblici, un mondo per lungo tempo immobile ma che negli ultimi anni è agitato dalle tante novità normative susseguitesi. Tra queste, forse la più dirompente, è l’introduzione dei pagamenti digitali. Una grande sfida per la pubblica amministrazione italiana ma anche una formidabile occasione che a mio giudizio va addirittura oltre le dichiarate ambizioni.

Mi sono occupato di questo progetto sin dalla sua nascita, l’ho seguito svolgendo un’azione di sensibilizzazione presso gli enti pubblici pugliesi e curando la predisposizione della piattaforma regionale dei pagamenti. Ad oggi sono referente tecnico per conto della regione Puglia e referente dei pagamenti della gran parte degli enti territoriali pugliesi.

Nel 2019, in seguito all’esperienza maturata e constatata la scarsa consapevolezza sull’argomento, ho pubblicato un libro divulgativo, con l’intento di offrire una vista complessiva sul tema, cercando di integrare e di sintetizzare in un quadro d’insieme elementi economici, finanziari, amministrativi, organizzativi e tecnologici.

Come nasce InnovaPuglia?

Le radici di InnovaPuglia vanno ricercate nel lontano 1969, quando l’Università di Bari, per iniziativa di un gruppo di intraprendenti e lungimiranti accademici, fondò il CSATA (Centro Studi e Applicazione in Tecnologie Avanzate), che ha operato come centro di ricerca, di trasferimento tecnologico e come centro di formazione in informatica. Successivamente, con la nascita di Tecnopolis Novus Ortus, primo Parco Scientifico e Tecnologico dell’Italia meridionale, la società fu trasformata in consorzio misto pubblico-privato, assumendo la denominazione di Tecnopolis CSATA Novus Ortus, per meglio operare sul territorio raggruppando in un’unica area aziende, università e centri di ricerca, al fine di facilitarne le interazioni e promuovere opportunità comuni. Tecnopolis Csata Novus Ortus ha operato, sia pure con diversi assetti societari, fino al 2008, data della nascita di InnovaPuglia S.p.A., società partecipata e controllata dalla Regione Puglia nella quale è confluita fondendosi con FinPuglia S.p.A., con lo scopo di fornire supporto tecnico alla Regione Puglia e di affiancarla nella programmazione strategica a sostegno dell’innovazione e della trasformazione digitale dell’ente e di tutto il proprio territorio.

Ho descritto la genesi di InnovaPuglia sin dalla sua nascita perché la storia e il contesto ambientale vissuti sono stati per me intensamente formativi e ancora oggi sono alla base del mio agire professionale. Faccio parte di quella generazione, giovane negli anni 80, che ha cavalcato l’onda delle prime informatizzazioni e che ha vissuto il suo tempo con l’orgoglio di chi si è sentito pioniere e protagonista di un mondo nuovo. La spinta ideale e l’entusiasmo di quegli anni, trasmessi in eredità ai più giovani che nel tempo ci hanno affiancato, hanno caratterizzato il contesto umano e professionale di eccellenza in cui, ieri come oggi, ho avuto la fortuna di operare.

Qual è la situazione dei pagamenti digitali nella PA in Italia e fra Nord e Sud?

E’ una situazione in grandissimo fermento. Fino a qualche anno fa erano pochissime le amministrazioni che avevano attivato forme di pagamento elettronico. Nella mia regione alcune ASL davano la possibilità di pagare il ticket sanitario online, ma si trattava di rare eccezioni. PagoPA ha impresso una fortissima accelerazione, anche perché alla disponibilità gratuita di un circuito sicuro si è accompagnato un quadro normativo di riferimento.

Certo il dispiegamento di PagoPA è stato più lento di quanto si sperava, e certamente non si può ancora dire concluso, ma indubbiamente sono stati fatti molti passi avanti e questa volta bisogna ammettere che le istituzioni preposte ce l’hanno messa tutta, facendo del progetto una priorità assoluta nell’ambito dell’agenda digitale italiana. In un primo tempo Agid e oggi la PagoPA S.p.A. stanno spingendo al massimo per giungere all’obbiettivo prefissato che, lo ricordo, consiste nel migrare su circuito tutti i pagamenti, a qualsiasi titolo dovuti, verso tutte la PA italiane.

Se proprio vogliamo ricercare una causa del ritardo nella diffusione dei pagamenti elettronici questa a mio avviso va individuata non tanto nelle scelte progettuali, quanto nell’approccio, tutto italiano, che fa salva sempre e comunque l’autonomia di ogni singola amministrazione pubblica, anche la più piccola, nei cui confronti lo Stato appare spesso, specie in materia di innovazione, poco deciso. Per dirla tutta, a distanza di alcuni anni dalla partenza dell’iniziativa, e nel momento in cui i termini prescritti sono tutti abbondantemente scaduti, ritengo sia giunto il momento di riflettere sull’opportunità di introdurre norme sanzionatorie finalizzate ad imprimere quell’accelerazione finale che ormai appare necessaria ed improrogabile.

Per quanto riguarda le differenze tra le diverse aree del Paese direi che, almeno per quanto attiene alla PA locale, la situazione si presenta a macchia di leopardo, con una prevalenza di partecipazione da parte delle aree settentrionali dove le regioni hanno risposto più massicciamente all’invito di Agid e hanno svolto un’azione di sensibilizzazione e di intermediazione nei confronti dei propri enti territoriali. Anche in questo caso, a mio giudizio, il coinvolgimento dei diversi soggetti non sarebbe dovuto avvenire su base volontaria, ma in modo organico e omogeneo. Il risultato è che oggi i territori in cui sono intervenute le regioni sono quelli che restituiscono i risultati più incoraggianti, mentre la situazione relativa alle rimanenti regioni appare quella più critica.

Come si posiziona il digital gap fra le varie regioni e come è possibile superarlo?

Come già detto un ruolo fondamentale per la diffusione dell’iniziativa presso gli enti locali è stato svolto dalle regioni. La mia regione, la Puglia, ha svolto un ruolo attivo sul suo territorio e, anche grazie all’investimento di risorse comunitarie, oggi può vantare risultati paragonabili se non in alcuni casi migliori di quelli conseguiti da regioni con maggiori risorse o comunque tradizionalmente più virtuose su questi temi.

Non va dimenticato che le regioni gestiscono una buona fetta dei fondi comunitari destinati agli investimenti e pertanto oggi possono svolgere un ruolo decisivo per l’implementazione dell’agenda digitale. Affinché il loro contributo produca risultati apprezzabili è necessario che sia integrato in una visione d’insieme, soprattutto per progetti come PagoPA, che a mio giudizio dovrebbero essere impostati in una logica di vera cooperazione istituzionale, che non releghi il ruolo delle regioni a quello di possibili salvadanai cui attingere all’occorrenza. Diversamente l’effetto “macchia di leopardo” cui ho accennato in precedenza penalizzerà anche le più lodevoli ambizioni.

A proposito di regioni e di agenda digitale, vorrei anche evidenziare come oggi più che mai sia indispensabile che le regioni rafforzino i propri centri di competenza, che nella gran parte dei territori prendono la forma delle società in house. La principale missione di queste strutture deve essere oggi orientata a supportare i decisori nel declinare le politiche di innovazione nazionali e sovranazionali in logica territoriale. E’ il ruolo di  InnovaPuglia, che come propulsore dell’innovazione digitale e information hub della Regione Puglia, ha il compito di migliorare la qualità, l’accessibilità e la fruibilità dei servizi offerti ai cittadini, progettandone il completamento e innovando l’attuale ecosistema regionale dei servizi digitali integrati. La sua azione è fondamentale per il superamento dei disequilibri socio-economici connessi all’accesso alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione e diventa motore di crescita economica, innovazione e produttività in tutti i settori. Sappiamo che dove questa funzione non è stata espletata i fondi disponibili sono rimasti inutilizzati o sono stati utilizzati per finanziare interventi spot, in una logica vecchia di trent’anni che si limita ad inserire pezzi di automazione nella macchina amministrativa pubblica, svilendo così le ambizioni di modernizzazione di quel disegno ad ampio respiro che è l’agenda digitale italiana.

Qual è il ruolo delle istituzioni nell’educazione finanziaria?

Sappiamo bene che, anche dove la pubblica amministrazione ha operato con diligenza mettendo a disposizione per tempo strumenti di pagamento elettronico, non sempre l’utenza si è dimostrata pronta a cogliere l’opportunità offerta. Questo dipende in larga misura da un analfabetismo diffuso in materia di cultura finanziaria, che genera inevitabilmente diffidenza nei confronti di strumenti i cui presupposti di funzionamento appaiono ai più avvolti dal mistero.

E’ un quadro culturale figlio di un sistema formativo che a mio giudizio meriterebbe di essere completamente ristrutturato. Basti pensare ai programmi di scuole superiori come i licei, che sono deputati alla formazione delle future classi dirigenti e che continuano a proporre quasi inalterati contenuti concepiti più di cinquant’anni fa, in cui non solo mancano elementi di cultura finanziaria ma anche di cultura economica e giuridica. Carenze importanti, che formano cittadini spaesati e una classe dirigente inadeguata.

In questo contesto la diffusione dei pagamenti elettronici verso la PA, favorendo l’avvicinamento di tutte le classi sociali a sistemi evoluti di pagamento, può svolgere una funzione di trascinamento nei confronti dell’intero sistema, facilitando la crescita di un atteggiamento culturale di maggiore consapevolezza ed apertura nei confronti dei moderni strumenti finanziari.

Tags: innovazionepuglia
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