La Gdo italiana, che non e’ stata interessata dalle misure di lockdown “salvo vedere inibita la vendita di alcuni generi non alimentari”, fino alla prima meta’ di aprile 2020 ha visto per le vendite “incrementi attorno al 10%, con punte del 30% per il confezionato”. Lo rileva l’Osservatorio Gdo italiana e i maggiori operatori stranieri dell’Area studi di Mediobanca. Nella fase di lockdown, “la Gdo italiana ha quindi dovuto fronteggiare una fase di intensa attivita’, provocata dalla chiusura di tutte le attivita’ dell’H.Re.Ca e dalla diffusione di atteggiamenti di accumulazione da parte dei consumatori, fattori che si sono combinati con condizioni di esercizio molto difficoltose sia per i provvedimenti di distanziamento sociale sia per la pressione che hanno subito le catene dei trasporti, della logistica e della fornitura”. Del buon andamento dei risultati durante questa fase, tuttavia, rileva Mediobanca, “non tutti gli operatori ne hanno beneficiato in egual misura”. In particolare, “hanno segnato progressi in doppia cifra i piccoli punti vendita del libero servizio, i discount e i supermercati, mentre sono risultati in flessione contenuta i drugstore nei quali si sono ridotti i consumi di prodotti voluttuari (profumi e make-up) e sono cresciuti quelli legati all’igiene personale e della casa”. Le performance degli operatori hanno poi risentito della presenza piu’ o meno estesa al loro interno dei punti vendita dedicati al ‘cash&carry’. Tale canale ha ripiegato in maniera assai evidente in conseguenza del blocco della domanda da parte della ristorazione e dei bar, con flessioni settimanali che dall’inizio di marzo hanno toccato punte vicine al 50%. Le grandi superfici (ipermercati), che gia’ provenivano da una crisi strutturale pluriennale, hanno subito un’ulteriore marginalizzazione a causa della sospensione delle vendite di tutti i prodotti non-food, della localizzazione spesso decentrata dei punti vendita che richiede l’uso dell’auto e sovente il superamento dei confini comunali, dell’ubicazione all’interno di gallerie commerciali deserte. In generale, spiega Mediobanca, “le grandi superfici sono state associate dai consumatori a maggiore affollamento e lunghe attese all’ingresso, con conseguente preferenza per esercizi di piu’ contenute dimensioni e di prossimita’, raggiungibili a piedi”. Per quanto riguarda il canale on-line, e’ stato soggetto a una pressione che ha generato strozzature ed episodi di mancata evasione del servizio. Gli incrementi del traffico on-line tra marzo e aprile del 2020 hanno toccato punte del 200% rispetto ai livelli dell’anno precedente, sia nella modalita’ del Click&Collect che in quella dell’home delivery.
In questo quadro, secondo Mediobanca, “a fronte di dinamiche complessivamente favorevoli nelle vendite, resta meno chiaro l’impatto che i maggiori volumi produrranno sui margini della Gdo nazionale”. Per esempio, sottolineano, “lo scontrino medio e’ aumentato, ma la frequenza della spesa si e’ ridotta. Il paniere degli articoli ha poi subito un’importante ricomposizione”. Esaminando i prodotti maggiormente richiesti durante marzo e aprile, continua la ricerca Mediobanca, “appare evidente la crescita di articoli a basso valore aggiunto o di modesto importo unitario, quali ad esempio: guanti, alcool denaturato, lieviti e farine, agrumi, salviette, pizze confezionate, strutto e ingredienti per pasticceria, pane da cuocere, preparati per dessert, camomilla, fagioli in scatola e legumi secchi, saponi e candeggina, carni in scatola, piselli conservati e passata di pomodoro”. Si tratta di articoli che “ben rappresentano la necessita’ di garantire l’igiene, di impegnare il tempo domestico producendo in casa quanto prima acquistato, di costituire scorte di prodotti non deperibili che rendano meno ricorrente la frequentazione dei negozi”. Alla luce della situazione attuale, per Mediobanca “resta difficile valutare in che misura le abitudini di consumo osservate siano destinate a diventare permanenti. Molto dipendera’ dall’evoluzione del quadro nei prossimi mesi”. Se il rischio sanitario sara’ prolungato contribuira’ “alla radicalizzazione dei comportamenti gia’ osservati: tendenza allo stocking, preferenza per il confezionato, ricorso all’home delivery”. E se il potere d’acquisto delle famiglie risultasse ridotto in misura percepita permanente, “i format che fanno leva sull’economicita’ (discount) sono candidati a guadagnare ulteriore terreno”. La spinta all’e-commerce arrivata dalla crisi provocata dal Covid-19 si e’ inserita in un contesto in cui, secondo le rilevazioni Nielsen, il peso dell’e-commerce nella grande distribuzione organizzata si e’ attestato nel 2018 all’1,6% delle vendite, in crescita del 27,7% nel primo quadrimestre del 2019. Gli acquisti online di prodotti alimentari da supermercato hanno raggiunto nel 2019 un valore di 476 milioni di euro con un incremento di oltre il 45% rispetto all’anno precedente. In tale segmento, i principali operatori tradizionali della Gdo ricoprono un ruolo preponderante e in continua evoluzione con lo sviluppo di nuovi servizi al consumatore, quali la consegna della spesa presso l’abitazione (formula prevalente) o il ritiro della spesa da parte del consumatore presso i punti di vendita (click&collect). Tra gli operatori internazionali esaminati, sulla base delle informazioni disponibili dai documenti ufficiali, l’incidenza dell’e-commerce si colloca tra l’1% e il 2% del fatturato totale per Loblaw, WalMart, Carrefour e Woolworths, tra il 5% e l’8% per Ahold Delhaize, Casino, Target, Migros e Coop Group. Assai elevata l’incidenza della britannica J Sainsbury che tocca il 16,2%. In Italia Supermarkets Italiani (Esselunga) ha dichiarato vendite online nel 2018 per 236 milioni di euro (3% del fatturato). Nella principale cooperativa di consumo italiana, Coop Alleanza 3.0, nel 2018 il fenomeno era invece fermo ad appena lo 0,05% delle vendite.