(Pubblicato sul numero di Wall Street Italia di Maggio 2020)
di Maurizio Pimpinella
Nella repubblica degli algoritmi in cui viviamo il bene più prezioso è racchiuso nei nostri dati, spremuti ed elaborati come chicchi d’uva digitale per trarne un succo gustoso e potenzialmente infinito.
Stati e multinazionali hanno da tempo intuito che lì è racchiusa la capacità di gestire i fenomeni economico-politici del futuro e si stanno dotando degli strumenti necessari ad affrontare questa sfida che potrebbe essere più ampia rispetto al semplice duopolio USA Cina. Tra i tanti effetti della pandemia che stiamo affrontando potrebbe esserci una accelerazione della trasformazione digitale globale, che coinvolgerebbe profondamente anche l’Italia. Un fenomeno di tal genere offre numerose opportunità ma richiede anche un livello di attenzione che – mutuando l’espressione dal gergo militare – si collocherebbe tra DEFCON 3 e DEFCON 2, vale a dire tra un rischio elevato ed uno molto elevato.
I dati sono essenzialmente potere e possederli garantisce anche la capacità di gestire fenomeni economici e politici su vasta scala e su ampi scenari internazionali.
Come indicato in un interessante e recente studio della Banca d’Italia dal titolo “Salviamo i dati economici dal Covid19”: “Per chi prende decisioni di politica economica, per i mercati e per il pubblico, l’informazione statistica è come la bussola per il marinaio”. Il lockdown autoimpostoci ha avuto l’effetto di confondere e discostare parte significativa dei cittadini dalla realtà, bombardati da informazioni che, oggi più che mai, producono l’effetto di relegarli in un limbo meta-conoscitivo in cui si fa ancora più fatica a distinguere la realtà dalla manipolazione e le notizie false da quelle vere. L’epidemia che stiamo vivendo, infatti, è diventata probabilmente la più grande fabbrica mai vista di fake news che non sono solo sempre più difficili da confutare ma cui è ormai di fatto impossibile stare dietro.
Lo stato di emergenza causato dal virus Covid-19, sta quindi accelerando il processo di polarizzazione e di redistribuzione della ricchezza e del possesso dei dati. La conseguenza di tale fenomeno sarà quella di far emergere le lacune esistenti in vari ambiti, dalla società alla politica, dall’economia alla tecnologia, accrescendo divari e frizioni, paradossalmente, in una fase in cui, come detto, la digitalizzazione potrebbe consentire un tendenziale, quanto apparente, livellamento.
Ad emergere con forza dalla pandemia, quindi, non saranno solo gli Stati e le imprese resilienti che sono stati più, e meglio, capaci di intercettare e arginare il contagio, ma soprattutto quelli che, in virtù dei dati e delle informazioni a loro disposizione, saranno in grado di elaborare le strategie di medio periodo più efficaci.
In questo scenario, l’UE deve prendere coscienza del proprio ruolo nel mondo e valorizzare le sue tante potenzialità perchè la forza centrifuga innescata dal sovranismo digitale può nascondere pericoli ma, anche, opportunità che è necessario essere in grado di cogliere. Le sfide sono tante e la competizione serrata, da queste però dipenderà il controllo dell’economia e della politica futura. Se farne parte o subirle è una scelta.
E’ evidente che i dati siano un valore enorme per imprese, paesi, e singoli cittadini. Sarebbe quindi di fondamentale importanza avere la possibilità che Stati e cittadini possano gestire autonomamente ciò di cui dispongono. Per assicurare la sovranità nazionale dei dati e, allo stesso tempo, tutelare la piena riservatezza di amministrazioni e cittadini, sarebbe indispensabile per il nostro Paese predisporre la realizzazione di un cloud nazionale. Vale a dire di un cloud che risieda sul territorio italiano, che risponda ai massimi livelli di sicurezza dettati dagli standard internazionali e che sia conforme con la normativa vigente in materia di privacy, sicurezza, conservazione e gestione dei dati.
Nell’economia digitale moderna Google e Apple, raccolgono i dati da miliardi di dispositivi elettronici. Facebook ha una base di 2,4 miliardi di utenti attivi almeno una volta al mese, per non parlare del bacino cui possono attingere le big tech cinesi da Alibaba a WeChat. A questo punto, non è un caso che queste imprese abbiano già o stiano elaborando dei sistemi di tracciamento dei contagi per quanto riguarda il covid19 che, nel caso delle app cinesi – grazie anche alla loro già capillare diffusione tra la popolazione – si sono dimostrate estremamente efficaci e funzionali, mentre dell’app Immuni italiana non si sa ancora nulla.
La stessa Amazon sta beneficiando notevolmente del lockdown procedendo all’assunzione di decine di migliaia di nuovi dipendenti per l’espansione dei propri affari. Tuttavia, a queste imprese è richiesto un atto di responsabilità volto sia a tutelare le persone sia – come espresso anche dallo studio della Banca d’Italia sui dati – a creare “più forti sinergie tra istituti nazionali di statistica, altri enti pubblici, aziende specializzate nella costruzione di basi informative economiche” al fine di ostacolare “il rischio concreto di non cogliere i rapidi mutamenti in corso nelle nostre economie”.
In conclusione, nella fase storica che stiamo vivendo è necessaria una gestione coordinata ed il più inclusiva possibile dei dati che possa sfruttarne le potenzialità pur assicurando il massimo della tutela agli individui.
Forse per la prima volta nella storia, abbiamo tutti di fronte la stessa minaccia e ogni persona, ente ed istituzione può concorrere ad arginare l’onda distruttiva e contribuire come può a posizionare il proprio mattoncino.
Il mondo che abbiamo tra le mani è diventato estremamente malleabile, come una sfera d’argilla che aspetta di essere modellata, ciò che è indispensabile, è, quindi, che il demiurgo che andrà a plasmarlo sia espressione di una concertazione ampia, condivisa, rispettosa delle individualità e democratica: ciò di cui abbiamo davvero bisogno e che oggi più che mai è necessario assicurarsi che avvenga per garantire la stabilità economica e sociale del prossimo decennio.