di Ruggero Alcanterini
Puntualmente, come da copione, giunge la pugnalata alla schiena da parte di una delle tre sorelle, che di rating vivono e prosperano, la Fitch Ratings Ltd. con sede a New York, fondata da John Knowles Fitch nel 1913. La lama è stata accuratamente intrisa di COVID 19 e rappresenta il segnale, la prima stoccata scatenante la possibile vigliacca aggressione di gruppo, il classico epilogo che vorrebbe l’Italia soccombente non per destino, ma per disegno. Le occasioni si sa non sono mancate e non mancheranno, quindi, dopo la distruzione del tessuto generato naturalmente dal consenso popolare trent’anni fa e successive spallate, tra catastrofi naturali e d’artificio, dal “commissariamento” Monti al “decretificio” Conte, adesso, in piena pandemia, a Parlamento chiuso, arriva la stilettata al veleno della Agenzia, che funziona come il CRIF e ci pone fuori dall’uscio, vicino ai secchioni della spazzatura, con la eufemistica motivazione della crisi da Corona virus. Questo paradossalmente ci fa sentire tanto meno europei e tanto più italiani, perché nel rating non c’è considerazione continentale, ma nazionale. Diciamo che se serviva una occasione per capire come stanno andando le cose, questa non è tardata. Adesso, gli italiani dovrebbero scegliere tra la vita e l’economia, ma nessuno è in grado di farlo se non attraverso la surroga dei non eletti, dei consulenti attualmente delegati da un sistema stressato e distonico dal consenso reale, che ormai non passa più per le piazze, ma è concluso nelle case, dove riceve input televisivi e si sfoga via social. Francamente, credo che le “private” del rating, frutto di impasti anglo-franco-americani, come la Fitch, in pista dall’inizio del secolo scorso, siano la peggiore espressione di quella parte degli umani , che specula e ricava dagli artifici finanziari indebito lucro, con danno grave per le collettività e vantaggio usurario per pochi epuloni azionisti e campioni di cinismo ed egoismo. L’Italia e gli italiani sono ancora in tempo per evitare di essere trascinati nella trappola, che si sta attivando, ma devono reagire con la massima energia senza por tempo in mezzo, denunciando ed eliminando dal proprio orizzonte cattivi profeti e falsi salvatori. Non basta aver inaugurato ieri il ripristino dell’unità genovese ed italica, con il nuovo Ponte Piano, ma occorre una revisione profonda, un atto di giustizia storica, che tolga di mezzo chi ha incaprettato l’Italia negli ultimi decenni, di fatto in combutta con le lobby della speculazione finanziaria. Il nostro Paese non può concludere la sua storia avvitato tra i lacci e i laccioli di una mostruosa burocrazia pseudo garantista, come agnello sacrificale sull’altare della falsa solidarietà comunitaria, scendere al livello di componente assistita sotto tutela, com’è capitato a chi l’Europa l’ha culturalmente generata millenni fa. La Grecia è stata denudata e vilipesa senza remore, la sua popolazione umiliata e ferita, privata di diritti essenziali e ridotta all’indigenza, divenendo il lugubre simbolo di un concetto di comunità inaccettabile. Quali sono i pari doveri e i pari diritti tra i cittadini europei solo formalmente uniti, ma profondamente divisi per motivi d’interesse peloso, come è apparso in questo lungo, trentennale periodo di verifica, dalla istituzione della moneta unica, dell’EURO, fino alla catastrofe in corso? Questo è il momento in cui occorre il doppio del coraggio, la forza e la determinazione di cambiare per governare e indirizzare il Bel Paese verso la giusta rotta della rinascenza. Cambiare significa cambiare.