C’è chi dice no. Da mesi, infatti, il voto su blockchain sembra essere caldeggiato da diversi studiosi, associazioni e, persino, governi, ebbene negli Stati Uniti c’è chi va nettamente controcorrente a questa tendenza e non ha problemi a dirlo. La American Association for the Advancement of Science (AAAS), un’associazione che ha come mission quella di “contribuire all’avanzamento della scienza, dell’ingegneria e dell’innovazione per il benessere delle persone”, infatti, ha scritto una lettera ai governatori, ai segretari di stato e ai direttori delle elezioni dello Stato per chiedere di non ricorrere al voto su blockchain.
La questione, in realtà, si pone negli Stati Uniti, ma non solo, particolarmente a proposito. Negli USA, infatti, siamo quasi nelle imminenze delle elezioni presidenziali (novembre 2020) e la situazione imposta dal Coronavirus rischia di compromettere il regolare svolgimento delle elezioni, se non altro dovuto al fatto che parte degli aventi diritto (negli USA ricordiamo che al cittadino spetta un ulteriore sforzo per farsi registrare nelle liste elettorali in quanto ciò non avviene automaticamente come da noi) potrebbero essere impossibilitati ad esercitarlo. In questo senso, si apre nuovamente il dibattito per il voto online o a distanza che la blockchain sarebbe in grado di garantire.
Ma perché questo ostracismo sul voto online negli USA?
Al di là dei famosi problemi avuti col voto automatico nel corso delle presidenziali che videro la prima elezione di Bush figlio nel 2001, c’è di più.
Gli scienziati temono non solo la manipolazione del voto ma anche potenziali attacchi DOS, malware, violazione della privacy. Per questo il loro consiglio è quello di non assecondare l’utilizzo del voto online, e di preferire piuttosto il voto per posta o il voto anticipato per garantire sicurezza, accuratezza, e protezione in questo momento in cui gli elettori statunitensi sono alle prese con la pandemia da Coronavirus.
I loro dubbi non sarebbero fugati neppure dall’utilizzo di un sistema di voto basato su blockchain, anzi, il voto su blockchain sembra essere ancora più temuto. Secondo un report citato nella lettera infatti, usare la blockchain come sistema di voto aumenterebbe il rischio di attacchi da parte di “attori maligni” e nessuno saprebbe esattamente chi e come archivia i dati, e come questi possano essere accessibili a chiunque.
Il voto tramite le app basate su blockchain attualmente disponibili e in parte già testate anche dal MIT di Boston, secondo i mittenti della lettera, non sarebbero nemmeno in grado di garantire la segretezza del voto, aprendo anche a possibili casi di furto di identità.
L’unica soluzione di queste persone sarebbe sì, in caso di necessità, lo sfruttamento del voto a distanza ma solo tramite metodi “tradizionali” vale dire essenzialmente per posta, e c’è da augurarsi che alcuna missiva possa essere smarrita e che arrivi nei tempi prescritti, quanto poi all’inviolabilità, anche su questo ci sarebbe da dissentire.