Lo studio “Banking 2030”, realizzato da Exton consulting, fa chiarezza sull’evoluzione dell’ecosistema finanziario italiano con una prospettiva a dieci anni, in cui fintech e big tech macinano utenti e profitti.
Lo studio “Banking 2030” tiene conto dell’andamento dei trend sociali ed economici nei prossimi dieci anni. Sia per il costante invecchiamento della popolazione italiana, con circa il 30% di abitanti che nel 2030 avrà oltre 65 anni, sia per la trasformazione del lavoro, con una crescita degli autonomi e una forte spinta verso la robotizzazione, anche per effetto della rapida evoluzione tecnologica (AI, blockchain, RPA, big data, ecc.).
Cambierà anche il rapporto tra la banca e il cliente consumatore, il quale avrà un ruolo sempre più centrale nella relazione, con una crescente richiesta di riconoscimento e considerazione.
Già nel 2018, infatti, i clienti di banche online e neobanks hanno oltrepassato in Italia la soglia dei 4,2 milioni di utenti, con i numeri dei “canali digitali” che continuano a crescere progressivamente e con nuovi servizi che si affacciano in modo sempre più accattivante sul mercato.
Sono sei gli scenari dai nomi storico-letterari che la società di consulenza prevede per il mondo bancario tradizionale, che vanno in ordine di gravità crescente.
Il contenimento, il Gattopardo, la lavatrice, la spaccatura, le invasioni barbariche e la guerra dei 30 anni: sono i sei scenari di trasformazione del retail banking entro il 2030 messi a punto dagli esperti della Exton Consulting. In quello peggiore (La guerra dei 30 anni), la previsione è una riduzione della clientela del 16% per le banche tradizionali e un corrispondente -42% (da 27,8 miliardi del 2018 a 16,1 miliardi del 2030) del Margine di intermediazione (MINTER).
Insidiato dai nuovi attori nativi digitali, il settore tradizionale potrebbe perdere, nell’ipotesi più negativa, il 16% della clientela e un corrispondente 42% nel margine d’intermediazione da qui al 2030.
Alle neo-bank e alle fintech va aggiunta anche l’ingerenza delle big tech che premono sul settore finanziario forti della competitività acquisita grazie alla capacità di gestione ed elaborazione dati.
“Occorre anche considerare le offensive del Gafa (Google, Amazon, Facebook, Apple) – spiega Salvo Vitale, managing director di Exton – come il lancio del conto corrente Google, atteso nei prossimi mesi”. Una new entry che va ad aggiungersi ai prestiti per professionisti messi in campo da Amazon, ai pagamenti mobile con ApplePay e alla crypto moneta Libra di Facebook: tutte soluzioni e servizi che vanno in qualche modo a insidiare le attività delle banche tradizionali”.
“Lo scenario – sottolinea Gabor David Friedenthal, partner di Exton intervistato da CorCom – potrebbe rimanere resiliente e quindi non troppo dannoso per le banche tradizionali ancora per quattro o cinque anni, grazie alla minore dinamicità della clientela più anziana (over 64 anni) che genera la maggior parte del Margine di intermediazione e tende a essere fedele alla banca con cui ha la relazione più duratura. Però, nei successivi cinque anni, le spinte all’uscita potrebbero diventare impossibili da contrastare. A seconda degli scenari, prevediamo nel prossimo decennio – dice Friedenthal – una migrazione di clientela che può coinvolgere fino a 8 milioni di persone. Con una perdita del margine di intermediazione per le banche tradizionali che può arrivare fino a 12 miliardi di euro, rendendo la pressione sulla redditività insostenibile”.
Per contenere questo trend sarà necessario per le banche tradizionali trasformarsi velocemente: “C’è una finestra di opportunità – aggiunge Friedenthal – che durerà solo per i prossimi 3-4 anni. Occorre mettere in atto trasformazioni aziendali verso modelli neobanks-like, prevedendo partnership con società Fintech e modelli ibridi di collaborazione”.
Lo studio ipotizza potenziali scenari di profonda decrescita per le banche tradizionali in assenza di adeguati accorgimenti. Tra il 2023 e il 2025, infatti è prevista un’accelerazione del crollo del numero di clienti che utilizzeranno una banca tradizionale come principale, per una perdita per le entrate bancarie nette di 3,6 miliardi di euro. Quanto alla clientela, la ricerca prevede una migrazione di quella più giovane, che scenderà dal 20% attuale a circa il 15%, e una crescita di quella con più di 64 anni (dal 34% al 45%).
“Abbiamo analizzato la situazione e le prospettive – conclude Friedenthal – delle maggiori banche retail italiane (Unicredit, Intesa, Banco Bpm, Mps, Ubi, Bel, Bper, Ca, Bancoposta) e delle loro concorrenti neobanks. Per quanto riguarda le banche tradizionali salta all’occhio che negli ultimi cinque anni il Margine di intermediazione è sceso di oltre il 6% e che, nonostante azioni robuste di riduzione dei costi (-9%), il rapporto cost-income medio delle maggiori banche del sistema è stabilmente intorno al 65%. Per cui, attualmente la redditività dipende essenzialmente da un significativo calo delle sofferenze e del costo del rischio registrato rispetto agli anni della crisi 2007- 2013”.