Verso la fine del 2019, la Banca d’Italia ha pubblicato un approfondito studio incentrato sugli investimenti in fintech da parte delle banche italiane e sul grado di armonizzazione delle nuove tecnologie nel sistema finanziario italiano.
Il risultato che ne emerge attesta un approccio faticoso al fintech che non è ancora entrato nel cuore delle banche nostrane.
L’indagine, svolta su un campione di 165 intermediari, è stata condotta nel periodo 2017-2020 per studiare lo stato di avanzamento del processo di digitalizzazione del sistema finanziario italiano.
Nello specifico, lascia abbastanza interdetti la ridotta cifra spesa per gli investimenti in fintech, appena 624 milioni di euro, tra l’altro sostanzialmente concentrati (per il 62%) in soli cinque intermediari, mentre per il 77% della spesa la forchetta si allarga a dieci: tutti riconducibili a grandi gruppi, a banche di medie dimensioni e a istituti di pagamento e moneta elettronica.
In realtà, ciò che lascia particolarmente sbigottiti è il fatto che gli investimenti in digitale non hanno avuto l’impennata che ci si sarebbe aspettata in prossimità dell’entrata in vigore della seconda direttiva sui pagamenti, la cosiddetta PSD2 che, in Italia, ha prodotto l’effetto di indirizzare poco più di metà degli investimenti verso le Application Programming Interface (API), mentre gli investimenti in cooperazione tra gli intermediari e le fintech ammontano al 14% del totale, per una cifra di circa 93 milioni. La seconda voce di investimento è quella nei big data, da tempo ormai riconosciuti come uno straordinario strumento di indagine e creazione di valore per ogni genere di impresa. Sorprende abbastanza, invece, che gli investimenti in intelligenza artificiale, la tecnologia da molti ritenuta centrale e rivoluzionaria per il prossimo futuro siano ridotti a soli 19 milioni di euro, così come la miseria di 2 milioni destinati all’IoT.
Le tipologie di investimento sono variabili: si va dagli intermediari che non hanno effettuato alcun intervento a quelli che hanno deciso di incidere direttamente sul proprio modello di business e la modalità più diffusa di collaborazione tra queste due anime del sistema finanziario è attraverso gli incubatori.
Ciò che balza agli occhi dal report della Banca d’Italia, tuttavia, è il divario che c’è tra il nostro Paese e le altre realtà europee. Solo nella prima metà del 2019, infatti, gli investimenti continentali in fintech sono stati di 13,2 miliardi di euro (nel 2018 erano 39 miliardi complessivi). L’Italia sconta nei confronti degli altri paesi quali Regno Unito, Germania, Francia e Olanda un modello di business ancora ancorato a logiche di stampo tradizionale e non molto innovative che causano un complessivo rallentamento del processo di modernizzazione dell’intero sistema finanziario.
A questo punto, c’è da augurarsi che la realizzazione di una regulatory sandbox possa fungere da strumento di stimolo per l’innovazione, anche perché non possiamo più permetterci di rimanere arretrati per quanto riguarda una necessità fondamentale per la crescita del nostro sistema produttivo nel suo insieme.