Possono delle imprese tecnologiche avere non solo una visione ma persino un’influenza di carattere geopolitico? La risposta è sì.
Le big tech mondiali sono imprese che hanno la precipua capacità di esercitare una forte influenza culturale nei confronti dei cittadini e un rilevante peso specifico in materia politica nei confronti degli Stati, tanto che alcuni paesi, come ad esempio la Danimarca, hanno già istituito la figura dell’ambasciatore del Digitale proprio per avere una figura di collegamento in grado di interfacciarsi con queste big tecnologiche.
Tra le big del tech, tuttavia, non tutte hanno la stessa visione e modello di business. Come evidenziato anche oggi dal Sole 24 ore, infatti, Amazon ed Apple hanno un punto di vista per certi aspetti diametralmente opposto, il primo incentrato su un presupposto più politico, l’altro maggiormente economico e, se vogliamo, persino culturale, orientato essenzialmente al cliente, alla sua esclusività, alla sua sicurezza e soddisfazione.
Pur essendo entrambe famosissime, le due imprese americane hanno un approccio filosofico agli affari che va in due direzioni opposte. Apple è orientata alle élite mentre Amazon ad una fetta di popolo di gran lunga più ampia nei confronti della quale offre una vasta gamma di prodotti e possibilità, un po’ per tutte le tasche.
Il problema – come rileva Ian Bremmer – è che “Apple dà tuttavia per scontato che l’1% (più ricco) del mondo continui ad agire come una classe di consumatori globali. Il problema è che tale assunto non si applica alla Cina. Fetta enorme del mercato globale, il Paese non ambisce a un modello di lungo termine che consenta a parte dei suoi cittadini di eludere la sorveglianza e i comportamenti incentivati dal governo per promuovere la stabilità politica. Via via che, nei prossimi cinque anni, la Cina si avvicinerà al traguardo dell’indipendenza tecnologica dagli Stati Uniti in ambiti cruciali come i semiconduttori e i sistemi operativi dei telefoni – forse la decisione più gravida di conseguenze geopolitiche presa da un governo negli ultimi decenni – Apple diventerà uno dei modelli tecnologici più vulnerabili nel Paese. Specie se Washington riuscirà a bloccare ogni cessione di software e hardware critico a Huawei. (…)”.
Se quindi Apple è un’impresa elitaria che sfrutta le crescenti differenze mondiali e scommette su questa società utopica per creare la propria fortuna, Amazon è, al contrario, una società “popolare”, e ha intenzione di accompagnare le differenze nelle società del mondo offrendo soluzioni convenienti per tutti. In questo solco si inserisce la strategia di Jeff Bezos di diventare il fornitore di servizi tecnologici per lo Stato, è andata male per il Pentagono ma Amazon già collabora con la CIA.
Come indicato nell’articolo del Sole: “con il passaggio dal web “classico” all’Internet delle cose, la lotta tecnologica si sposta dalla verticale monopolistica al consolidamento, ovvero all’integrazione del business con i vari ambiti di consumo” e in questo processo Amazon è certamente l’azienda che ha non solo maggiori possibilità di successo ma, soprattutto, la capacità di orientare a proprio favore l’esito di questa trasformazione rispetto a tutti gli altri big della tecnologia che si sottraggono a questa gara per un motivo o per l’altro. E così da avversario, Amazon può diventare uno dei principali partner del governo americano come sostegno per la transizione tecnologica che coinvolgerà a breve le vite di milioni di cittadini che non usano tutti Apple ma che si affidano, in un modo o nell’altro, ad Amazon.
La strategia di Amazon si basa in parte sulle antiche teorie isolazioniste della politica USA, scommettendo che (ritornando al passato senza però indietreggiare) – come dichiara Bremmer sul finale dell’articolo del Sole – “la Cina diventi più influente in alcune parti del mondo e che gli Stati Uniti per certi aspetti la imiteranno, non viceversa”