La finanziaria appena licenziata dal Parlamento è stata per contenuti e motivi di spunto una delle più dense degli ultimi anni. Se da un lato il tema dell’evasione è stato centrale portando alla ribalta la necessità di incentivare in ogni modo scontrini e pagamenti elettronici, dall’altra è stata presa coscienza della necessità che anche le big tecnologiche debbano essere tassate nel nostro Paese. In questo modo, anche l’Italia si è unita – andando incontro alle rimostranze statunitensi – a quel gruppo di paesi che hanno istituito la web tax, la tassa sui servizi digitali.
Da domani, infatti, partirà ufficialmente la nuova normativa, senza la necessità dell’estensione di decreti attuati che ne avrebbero potuto rallentare l’entrata in vigore.
Ma in cosa consiste la nostra tassa sui servizi digitali? Sostanzialmente, è prevista un’imposta del 3% da applicare ai servizi digitali e ciò riguarda in particolare:
- La veicolazione su un’interfaccia digitale di pubblicità mirata agli utenti della medesima
- La messa a disposizione di un’interfaccia digitale multilaterale che consente agli utenti di essere in contatto e di interagire tra loro , anche al fine di facilitare la fornitura diretta di beni o servizi
- La trasmissione di dati da utenti e generati dalla creazione di un’interfaccia digitale
In soldoni, la tassa è applicata ai ricavi maturati tramite la pubblicità mirata online; la fornitura di beni e servizi forniti online; la trasmissione di dati raccolti da utenti e generati dall’utilizzo sempre di interfaccia digitale.
Sono interessati dalle misure previste dal provvedimento i soggetti esercenti attività d’impresa che singolarmente o a livello di gruppo, nel corso dell’anno solare precedente hanno realizzato congiuntamente un ammontare complessivo di ricavi ovunque realizzati non inferiore a 750 mila euro; un ammontare di ricavi derivanti da servizi digitali realizzati nel territorio italiano non inferiore a 5,5 milioni di euro.
Sono invece esclusi dalla tassazione:
- I semplici contenuti digitali messi a disposizione da un’interfaccia online
- I servizi di comunicazione
- I servizi di pagamento
- I servizi finanziari resi da operatori regolamentati
- La cessione di dati operata da questi ultimi
La nuova norma è tesa a modificare e rendere meglio applicabile quanto già previsto già dalla legge di bilancio 2019. Inoltre, tra le principali novità che entreranno in vigore domani vi è quella della cosiddetta sunset clause, ovvero la previsione che la web tax resti in vigore fino a quando non entreranno in vigore le disposizioni in materia derivanti da accordi internazionali.
Inevitabilmente, sono coinvolte dalle nuove previsioni di legge tutte le principali big tecnologiche che producono utili anche nel nostro Paese ed è, in particolare, un’imposta sulle vendite online che va a colpire settori che fino ad oggi erano solo sfiorati dall’erario italiano, raggiungendo un gettito atteso per il 2020 di circa 708 milioni di euro.
Ora la palla passerà agli organi internazionali chiamati a dare una risposta comune e non in ordine sparso ad una questione che non è più rimandabile e che necessita una visione d’insieme per poter essere affrontata nel migliore dei modi.