La Banca d’Italia oggi ha pubblicato i risultati della seconda indagine sul FinTech nel sistema finanziario italiano.
Da quanto emerge dall’indagine, nel periodo 2017-2020 gli investimenti Fintech ammontano a 624 milioni di euro, dei quali 233 spesi nel biennio 2017-2018 e 391 previsti in quello successivo. Oltre tre quarti della spesa e’ riconducibile a 10 intermediari, tra i quali figurano, oltre a grandi gruppi, banche di medie dimensioni, societa’ finanziarie, istituti di pagamento e di moneta elettronica.
Per quanto riguarda poi gli investimenti in cooperazione, su 165 intermediari, con imprese FinTech ammontano a 93 milioni, pari al 14 per cento degli investimenti complessivi. La modalita’ di collaborazione piu’ frequente e’ la partnership con incubatori, acceleratori, distretti; si riscontra in alternativa l’acquisizione di partecipazioni in imprese FinTech.
Rispetto al precedente report, incentrato sul 2016, l’indagine odierna fa emergere aspetti di continuita’, ma anche di cambiamento. La polarizzazione di una parte consistente degli investimenti su pochi progetti di importo rilevante e la dispersione delle restanti risorse intorno a una pluralita’ di microprogetti viene infatti confermata, sebbene in uno scenario mutato.
In primo luogo, da quanto si evince dal report, il dispiegarsi degli effetti della regolamentazione, e in particolare della Psd2, che, non solo ha definito la cornice regolamentare e il sistema di incentivi allo sviluppo dei nuovi modelli di Open banking, ma ha anche contribuito a orientare gli investimenti in una precisa direzione tecnologica. Anche la normativa antiriciclaggio ha favorito scelte tecnologiche basate su logiche AI, prevalentemente attraverso applicazioni di Machine learning.
In secondo luogo, emerge il peso degli investimenti effettuati da intermediari di medie dimensioni, non soltanto bancari. La loro elevata propensione a investire arricchisce uno scenario nel quale l’investimento tecnologico, in considerazione delle elevate economie di scale e di diversificazione, sembrava richiedere grandi dimensioni e adeguata massa critica
Da quanto comunicato oggi anche da Radiocor, in realta’, l’ammodernamento tecnologico e il conseguente ripensamento organizzativo degli intermediari di maggiori dimensioni sembra procedere a ritmi graduali, anche in ragione dei vincoli posti proprio dalla loro stessa scala; per converso altre realta’ di medie dimensioni, meno vincolate da fattori di scala ed in virtu’ anche di una pregressa cultura aziendale maggiormente orientata all’innovazione, sembrano procedere verso un ammodernamento, anche radicale, in tempi piu’ serrati
Se l’accelerazione degli investimenti e l’aumento del numero degli intermediari che impegnano risorse denotano un oggettivo tentativo di ammodernamento e, in alcuni casi, di ripensamento radicale del modello di business, gli importi dedicati al Fintech assumono una scala modesta, quando comparati agli investimenti per l’ammodernamento dell’It, e marginale se rapportati ai costi di funzionamento dell’It. Una maggiore propensione all’investimento nelle imprese Fintech, per loro natura agili e innovative, potrebbe consentire agli intermediari tradizionali di sfruttare opportunita’ strategiche per superare, almeno in parte, sistemi legacy e vincoli di natura economica, organizzativa e culturale che ancora ne limitano l’azione.