La domanda è lecita quanto semplice e provocatoria: eliminando il contante sarebbe possibile dare una mazzata mortale alla criminalità organizzata?
Sulla risposta da dare non ha alcun dubbio il Procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho, secondo il quale: “Eliminare del tutto il denaro contante sarebbe la soluzione migliore per eliminare le mafie”.
La questione è facilmente intuibile. Per prosperare e diffondersi, le attività illecite non possono essere gestite con sistemi di pagamento tracciabili i quali “lascerebbero una scia” delle transazioni effettuate. Se invece non fosse possibile utilizzare i contanti, verrebbe meno anche l’opportunità di procedere col riciclaggio del denaro sporco che le organizzazioni criminali sfruttano per reimmettere nel sistema economico (in maniera legale) i proventi ottenuti (illegalmente) dai loro traffici.
Da questo punto vista, l’Italia offre enormi possibilità a discapito delle iniziative di precauzione, indagine e deterrenza che pur vengono effettuate. Nel nostro Paese, infatti, secondo il Cash Intensity Index 2019, circolano circa 205,7 miliardi di euro in contanti. Per capire l’entità della cifra di cui stiamo parlando, basti dire che l’attuale manovra economica ha un valore stimato attorno ai 30 miliardi di euro.
Chiaramente, non tutti questi soldi sono in mano alla criminalità organizzata ma è logico pensare che la loro forte riduzione, o addirittura l’assenza, ridurrebbe di conseguenza anche le opportunità di business.
Lo stesso discorso vale per quanto riguarda la corruzione. L’indice di corruzione percepita stilato annualmente dall’indipendente Transparency International classifica l’Italia al 52° posto su 180 paesi esaminati, in miglioramento rispetto al passato ma pur sempre in una posizione poco lusinghiera. Se le transazioni fossero tutte tracciate, è ovvio che sarebbe molto più complicato dare e ricevere “mazzette” e a beneficiarne sarebbe tutto il sistema economico, sociale e politico.
Tutti questi fenomeni sono “figli del contante”.
Ma una precisazione va fatta immediatamente: i pagamenti elettronici non sono solo controllo e tracciabilità, parliamo di una nuova cultura civica orientata alla legalità e al rispetto delle regole per il bene della comunità. Come affermato anche dal Procuratore De Raho, infatti, una parte degli italiani “pensa che si deve consentire l’evasione come forma di arricchimento per una parte” della popolazione. In realtà, l’evasione fiscale è una forma fraudolenta di impoverimento della società che causa danni diffusi e prolungati nel tempo. A questo proposito, anche il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha preso di recente una posizione netta affermando che: “Chi evade le tasse sfrutta chi le paga. E’ una cosa davvero indecente”. Il Presidente ha poi proseguito affermando anche che: “L’evasione fiscale è l’esaltazione della chiusura in sé stessi, dell’individualismo esasperato. E’ un problema serio in molti Paesi. Lo è nel nostro”. Difatti, se un gruppo di persone sottrae allo Stato, e quindi a tutti noi, una cifra di tasse non pagate attorno ai 107 miliardi di euro all’anno, che diventano quasi 200 miliardi se a queste viene aggiunta anche l’economia sommersa, è chiaro che vengono meno importanti risorse che potrebbero essere usate per la realizzazione di opere e servizi per tutta la comunità.
Se poi pensiamo che questa cifra contribuisce alla crescita dell’enorme debito pubblico sul quale paghiamo ogni anno anche fior di interessi, ecco che il danno è fatto, anche e soprattutto per le generazioni future che saranno sempre costrette a fare i conti con questo fardello, quasi come una forma di “peccato originale” che pesa su di loro fin dalla nascita. Secondo gli studi effettuati, infatti, appena venuti al mondo, cioè nel primo anno di età, il debito pro-capite è di 879,87 euro, ma la quota di interessi sul debito accumulato sale a 31.293,28 euro. Man mano che si cresce, poi, la cifra del debito cresce e diminuisce quella degli interessi.
Ma come porre rimedio a questa situazione?
Anche in questo caso, il Procuratore De Raho ci offre lo spunto per una soluzione di immediata e facile applicazione. Egli, infatti, ritiene che intervenendo sulla legislazione tributaria in modo che tutte le spese siano inserite nella dichiarazione dei redditi e prevedendo che l’imposta si paghi sul reddito conservato anziché su quello speso, sarebbe possibile verificare tutti i pagamenti effettuati ed eliminare, di fatto, il fenomeno dell’evasione. La conclusione alla quale lui giunge è che se ciò non viene fatto è perché “evidentemente non si vuole eliminare l’evasione”.
Ritornando alla provocazione iniziale (che poi tale non la è poi tanto), combattere l’evasione fiscale significa anche contrastare efficacemente la criminalità organizzata e senza il mare di contanti nel quale rischiamo di annegare sarebbe tutto molto più semplice.