L’ultima fusione tra aziende impegnate nel settore dei sistemi di pagamento in ordine di tempo è stata quella tra Fidelity National Information Services (FIS) e Worldpay. L’ultima ma anche la più grande operazione mai portata a termine. Fidelity, fornitore di servizi finanziari della Florida, ha acquisito Worldpay, leader globale di sistemi di pagamento e dell’e-commerce con sede nell’Ohio, per una cifra complessiva di circa 43 miliardi di dollari. Nasce così un colosso mondiale – certificato da Bloomberg come il più grande al mondo – con un fatturato di oltre 12 miliardi di dollari e un utile netto adjusted pari a 5 miliardi di dollari. Inoltre le società prevedono una crescita organica dei ricavi dal 6% al 9% fino al 2021. Questo matrimonio segue quello che meno di due anni fa ha visto come protagonista sempre Worldpay, che in quell’occasione si era fusa con Vantiv, fornitore americano leader in tutto il mondo in soluzioni di elaborazione di carte di credito e POS per aziende, per poco più di 10 miliardi di dollari.
Lo scorso anno è stato segnato da numerose M&A nel settore: soltanto nei primi sei mesi sono state portate a termine 104 transazioni dal valore di 46 miliardi di dollari, mentre nel 2017 ci si era fermati a 32,9 miliardi. La sola PayPal tra il maggio e il giugno 2018 ha concluso quattro acquisizioni. C’è fermento anche in Italia: Nexi, paytech che costruisce il futuro dei pagamenti elettronici in Italia, si sta preparando a sbarcare in Borsa con una delle maggiori IPO d’Europa dell’anno.
Non è un caso che siano soprattutto queste startup a movimentare i mercati finanziari. La circolazione sempre più limitata del contante sta creando nuovi giganti che offrono servizi di e-banking più veloci, sicuri, trasparenti e personalizzabili in base alle esigenze dei clienti. Un terreno fertile anche per i player che assicurano trasferimenti di denaro istantanei attraverso le criptovalute (bitcoin e ripple su tutte) e gli stablecoin.
JP Morgan e IBM guidano il “gruppo” con piattaforme ideate appositamente per le transazioni effettuate tra conti istituzionali e nel mercato B2B. JP Morgan ha estratto il proprio stablecoin, chiamato JPM Coin, ancorato al dollaro e riservato agli account istituzionali. Quando un cliente invia denaro a un altro oltre la blockchain, la moneta digitale viene trasferita e riscattata istantaneamente nell’equivalente in dollari, eliminando il tempo oggi necessario al regolamento del trasferimento di denaro. IBM, in collaborazione con Stellar, ha lanciato la rete di pagamenti transfrontalieri Blockchain World Wire, che supporta oltre 47 valute in 72 Paesi. L’azienda sta già lavorando con due banche americane e con sei istituti di credito non statunitensi per l’emissione di un token digitale ancorato 1:1 a una valuta fiat come il dollaro statunitense o l’euro. Una sorta di consorzio che favorirebbe enormemente le operazioni tra le banche (e quindi tra i loro clienti) e che, per stessa ammissione di Jesse Lund, vicepresidente di IBM per le blockchain, ha avuto un’accelerata in seguito al grande clamore con la quale è stata accolta la notizia relativa alla nascita del JPM Coin.
Questi sono soltanto due esempi, i più rilevanti, e il fatto che siano indirettamente connessi in un ecosistema in continua evoluzione è indice della costruzione di un circolo virtuoso, nel quale JP Morgan e IBM rappresentano indubbiamente un benchmark per tutti gli operatori che intendono entrare nel settore e fornire ai clienti un portafoglio più ampio di investimenti.
Il fintech si sta consolidando molto velocemente, tanto da raggiungere – secondo le stime della società di consulenza McKinsey – i tre trilioni di dollari l’anno entro il 2023. Cifre mostruose che grazie alle criptovalute e alla blockchain possono passare da un conto a un altro in tempo reale. Dimentichiamo valigette piene di banconote e garanzie bancarie emblema di complessi iter burocratici. Oggi per acquistare un’azienda basta un clic.