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Solo 64 milioni di tasse dalle big tech, la replica di Amazon

29 Novembre 2019
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Solo 64 milioni di tasse dalle big tech, la replica di Amazon
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In tempi in cui si discute apertamente dello strapotere dei big tecnologici, del loro ruolo nell’economia e nella politica e di web tax ha suscitato scalpore la notizia – basata su uno studio di Mediobanca – che, a fronte di guadagni calcolabili in circa 2,4 miliardi di euro, nel 2018, le big tech hanno versato all’erario italiano solamente 64 milioni di euro, il 2,7% del fatturato, addirittura in crescita rispetto all’anno precedente. La crescita di queste aziende è evidente e viaggia al forsennato ritmo di oltre il 20 per cento l’anno. Non è un caso, quindi, che le più importanti di queste imprese siano anche le aziende con maggiore capitalizzazione alla Borsa di New York.

L’ammontare delle imposte pagate rappresenta una cifra evidentemente ridotta se paragonata all’influenza economico-culturale e ai guadagni maturati sul territorio italiano da queste grandi aziende. L’importo dovuto al fisco era sostanzialmente previsto, e da qui scaturisce anche il progetto di imporre una tassazione più equa a questi giganti che grazie anche alla loro quasi infinita liquidità possono competere da posizioni di vantaggio praticamente con qualsiasi gruppo industriale e finanziario.

Se da un lato, quindi, la notizia ha suscitato le proteste di chi vorrebbe tassare maggiormente i big della tecnologia, dall’altro non si è fatta attendere la replica da parte loro. A questo proposito, Amazon Italia, infatti, ha dichiarato che: “Amazon paga tutte le tasse dovute in Italia. E il rapporto di Mediobanca ignora il record di investimenti e la continua creazione di posti di lavoro nel Paese”. Tramite il Country Manager Mariangela Marseglia, l’azienda di Cupertino fa sapere che “È fondamentalmente errato equiparare tutte le aziende digitali senza tenere in considerazione le differenze dei business in cui operiamo: l’imposta sulle società si basa sui profitti, non sui ricavi, e i nostri profitti sono rimasti bassi sia perché il retail è un business con margini ridotti sia per i continui, forti investimenti di Amazon in Italia che, dal 2010, ammontano a oltre 1,6 miliardi di euro”, si legge nella nota di Amazon Italia. “La nostra aliquota fiscale effettiva dal 2010 al 2018 è stata mediamente del 24% e la nostra attività di international retail è in perdita. E questo rapporto ignora anche il record di investimenti e la continua creazione di posti di lavoro in Italia, che aggiungerà ulteriori 1.000 dipendenti a tempo indeterminato ai 6.500 entro la fine del 2019 – dipendenti che lavorano in oltre 20 sedi diverse con tutti i livelli di esperienza, istruzione e competenze, come, ad esempio, ingegneri, software developer, esperti di logistica o di marketing”.

Secondo Amazon, il rapporto sarebbe sostanzialmente incompleto dal momento che prende in considerazione solo una parte delle realtà del gruppo Amazon operanti in Italia e che non tiene conto né degli investimenti né dell’apporto che l’azienda ha portato alle comunità locali.

A stridere con la ricerca, secondo il gruppo americano, sarebbero i numeri degli impiegati in Amazon (oltre 18.000 nuovi posti di lavoro) e il numero di pmi che collaborano col colosso dell’e-commerce (circa 12.000). L’apporto di Amazon al nostro Paese sarebbe anche culturale ed educativo. Stando sempre da quanto dichiarato da Mariangela Marseglia, Vp Country Manager di Amazon.it e Amazon.es a CorCom: “Da anni Amazon fornisce supporto alle piccole e medie imprese italiane per aiutarle a sviluppare le proprie competenze digitali, per consentire loro di aumentare le proprie vendite, anche all’estero, e per creare nuovi posti di lavoro sul territorio”.

Indubbiamente, lo sviluppo dell’e-commerce ha incentivato fortemente l’acquisizione da parte di tutti noi di una maggiore dimestichezza con gli strumenti propri dell’economia digitale, ciò non esime, però, alcuna impresa – a prescindere dal proprio ruolo – ad adempiere ai propri doveri nei confronti dello Stato in cui opera, a prescindere dal fatto che nessuna delle aziende prese in considerazione ha fatto alcuna violazione.

Vedremo ora nelle prossime settimane se si aggiungeranno ulteriori capitoli ad un fenomeno che direttamente o indirettamente sta coinvolgendo tutti i paesi europei.

Tags: 64 milioniamazonbig techfacebookfiscomediobancaover the toptasse
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