Se non sono sotto attacco, di sicuro, le cripto valute sono tenute sotto la massima attenzione da parte dei governi di tutto il mondo. Mentre alcuni paesi progettano di realizzare la propria crypto currency di Stato, da un lato, abbiamo l’Unione Europea che cerca – come suo solito – di creare una cornice normativa comune per ascriverci il fenomeno e dall’altro Stati Uniti e Cina che sembrano avere un atteggiamento che varia sui vari gradi dell’ostilità, pur nascondendo parzialmente i reali progetti di sviluppo interno già avviati.
E’ notizia recente, infatti, che l’autorità antiriciclaggio degli Usa, la Financial Crimes enforcement network (FinCen), intende procedere con l’immediata e rigorosa applicazione delle regole esistenti per ottenere le informazioni sui clienti dalle società di scambio di valuta cripto e dei wallet digitali. Una forte stretta all’intero settore che nell’ambito della cosiddetta “travel rule” richiede alle piattaforme di scambio cripto di verificare l’identità dei propri clienti e i beneficiari di transizioni pari o superiori a 3 mila dollari. Tale normativa è già in vigore dal 1996 ma è dal 2013 che la copertura è stata ampliata da parte delle Istituzioni americane anche sulle valute digitali. In conseguenza delle linee guida pubblicate a giugno dal Financial action task force (Fatf/Gafi), l’organizzazione intergovernativa dedicata alla lotta contro il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo, il governo statunitense ha deciso, quindi, di conferire alle cripto valute una “dignità di denaro” sorprendendo non poco gli addetti del settore che erano convinti che tali norme non erano loro applicabili.
Dall’altra parte del mondo, in Cina per la precisione, rimbalzano, invece, le indiscrezioni secondo cui il presidente Xi Jinping avrebbe dichiarato che in futuro le cripto valute potrebbero essere considerate fuori legge nel suo paese. Tale dichiarazione, stride solo formalmente con il progetto di valuta digitale (qui l’articolo) che sarebbe in corso di sviluppo in Cina ma anzi sarebbe un vero e proprio atto teso a liberare il campo ad una sorta di monopolio della Dcep. L’attuale ban in vigore in Cina prevede solo il divieto di cambiare valuta fiat in cripto valute, e non l’utilizzo delle medesime: se tale atto si concretizzasse veramente, saremmo di fronte ad un forte allargamento della normativa.
In Inda, nel corso dell’ultima estate, si era fatta strada l’ipotesi di adottare una norma di divieto delle cripto monete, la law “Banning of Cryptocurrency & Regulation of Official Digital Currencies”. La discussione del progetto di legge era previsto per la sessione invernale del parlamento indiano ma non è stato inserito nel calendario dei lavori, posticipando di fatto a data da destinarsi la discussione del provvedimento. Lo stop all’iniziativa è stato, ovviamente, accolto con entusiasmo da parte della folta comunità crypto indiana ma ciò non vieta che il tema rimanga di attualità e che possa essere rispolverato per la prossima sessione di riunioni del parlamento.