Una carta di credito può essere sessista? Al di là della domanda apparentemente nonsense, la risposta è sì.
La Apple Card, recentemente rilasciata da Apple e Goldman Sachs, discriminerebbe, infatti, le donne assegnando loro limiti di spesa più bassi rispetto agli uomini.
Il caso, scaturito da diverse segnalazioni da parte di clienti e imprenditori, è stato preso molto sul serio negli Stati Uniti tanto da indurre il Dipartimento per gli affari finanziari (DPF) dello Stato di New York ad aprire un’inchiesta ufficiale.
Stando alle segnalazioni giunte, l’algoritmo di Apple sarebbe in effetti più propenso ad avere più fiducia negli uomini piuttosto che nelle donne a prescindere anche dai casi in cui in una coppia la lei possa vantare un grado di solvibilità di gran lunga superiore a quello del marito. Tra i clienti che hanno attirato l’attenzione sul caso c’è anche Steve Wozniak, fondatore di Apple assieme a Steve Jobs, il quale sottolinea la macroscopica differenza tra il tetto di spesa concesso a lui rispetto a quello di sua moglie.
La questione, in realtà, è meno faceta di quanto si possa immaginare tanto che il DPF è deciso ad andare a fondo e sanzionare le eventuali violazioni riscontrate.
Negli Stati Uniti il caso sta riscontrando una certa eco e una pubblicità poco lusinghiera per Apple e Goldman Sachs.
Contattata da Bloomberg, l’azienda di Cupertino ha categoricamente negato qualsiasi coinvolgimento diretto affermando in una nota: “le nostre decisioni sul credito sono basate sulla affidabilità creditizia dei clienti e non su fattori come il sesso, la razza, l’età, l’orientamento sessuale o altri criteri proibiti dalla legge”.
Che sia il risultato di un disguido dell’algoritmo o una specifica scelta di Apple, visto anche il polverone alzatosi, è molto probabile che la questione non si limiterà a queste dichiarazioni ma sarà approfondita dagli organi giudiziari competenti.