La realizzazione della web tax è, da qualche anno, uno dei temi di più stretta attualità, tanto che vari paesi europei, con in testa la Francia, si sono ripetutamente esposti per procedere alla realizzazione di una normativa per il settore che prescinde dalle decisioni degli organi internazionali come UE e OCSE.
In Italia, l’attuale bozza della manovra 2020 prevede, a partire dal primo gennaio 2020, l’applicazione di una aliquota del 3% sui ricavi digitali. A differenza dalle impostazioni normative avanzate da altri paesi, però, l’Italia ha stabilito una clausola a proposito della web tax. Le disposizioni di legge, infatti, devono considerarsi abrogate se e quando Ocse e Unione europea porteranno a compimento e a conclusione il progetto di una web tax globale. Il nostro Paese, quindi, ha deciso di partire da solo sottolineando la necessità di tassare i ricavi delle compagnie digitali ma evidenzia anche la necessità che una normativa complessa e articolata come questa necessiterebbe di essere elaborata ad un livello più alto e che metta insieme – con una legislazione comune – più paesi possibile.
L’attuale proposta normativa prevista dalla finanziaria 2020, tuttavia, è ancora fortemente parziale.
Non sono considerati servizi digitali, escludendo quindi le relative compagnie dalla tassazione: la fornitura diretta di beni e servizi nell’ambito di un servizio di intermediazione digitale, la fornitura di beni o servizi ordinati attraverso il sito web del fornitore di quei beni e servizi quando il fornitore non svolge funzione di intermediario, la messa a disposizione di un’interfaccia digitale il cui scopo è quello della fornitura agli utenti dell’interfaccia dei contenuti digitali
In questo modo, sarebbero esclusi dalla tassazione tutti i soggetti afferenti all’economia della condivisione. e nella tassazione rientrerebbero esclusivamente quelle imprese che operano B2B. Per quanto riguarda le altre compagnie, infatti, le aziende dovrebbero essere sostanzialmente scorporate al fine di distinguere i casi in cui si presenta questa fattispecie e quando no, andando a colpire in particolare le società che muovono banner sui siti o contenuti pubblicitari escludendo sostanzialmente i servizi di e-commerce e di condivisione di musica e video.